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Dacia Spring, l’elettrica “low cost” del gruppo Renault che ha conquistato l’Europa: semplice, leggera, compatta (e premiata per la sua efficienza).
L’idrogeno vive e combatte con noi. Sebbene l’attenzione mediatica del momento sia attratta principalmente dalla propulsione ibrida, ibrida plug-in ed elettrica (a batteria), la mobilità a idrogeno è tutt’altro che accantonata. Alla realizzazione delle prime vetture di serie, vale a dire la SUV Hyundai ix35 Fuel Cell e le berline Toyota Mirai e Honda Clarity
L’idrogeno vive e combatte con noi. Sebbene l’attenzione mediatica del momento sia attratta principalmente dalla propulsione ibrida, ibrida plug-in ed elettrica (a batteria), la mobilità a idrogeno è tutt’altro che accantonata. Alla realizzazione delle prime vetture di serie, vale a dire la SUV Hyundai ix35 Fuel Cell e le berline Toyota Mirai e Honda Clarity Fuel Cell, si affiancano infatti un incessante sviluppo delle pile a combustibile e la continua ricerca di soluzioni che, in attesa di una capillare diffusione delle infrastrutture di distribuzione e ricarica, permettano di ottimizzare consumi e rendimento. Magari traendo ispirazione da madre natura…
Saranno i cactus a rendere più efficienti le auto a idrogeno. Lo sostengono gli studiosi tanto della Csiro, l’Agenzia federale australiana per la ricerca scientifica, quanto dell’università sudcoreana di Hanyang, specializzati nella biomimesi e quindi nell’analisi della natura come fonte d’ispirazione per l’innovazione tecnologica. Traendo spunto dai cactus, o meglio dal loro rivestimento esterno, il team di ricerca ha infatti realizzato un’innovativa membrana che permette di produrre celle a combustibile più piccole rispetto allo standard e non necessariamente assistite da un sistema di umidificazione. Una scoperta che, senza inficiare autonomia e prestazioni delle vetture, gioca a vantaggio della leggerezza e compattezza dei veicoli. Un traguardo che potrebbe dare un ulteriore impulso all’affinamento delle auto a idrogeno.
Il funzionamento delle auto a idrogeno si basa sulla reazione chimica dovuta alla combinazione dell’idrogeno con l’ossigeno all’interno delle fuel cell. Reazione che produce l’energia necessaria ad alimentare il motore a zero emissioni e, nei sistemi più evoluti, si avvale di pile a combustibile con una membrana a scambio protonico, denominata Pemfc (Proton Exchange Membrane Fuel Cell), ovvero permeabile ai protoni e impermeabile ai gas e agli elettroni. Una soluzione che da un lato consente di utilizzare fuel cell più piccole e leggere rispetto allo standard, ma dall’altro, affidandosi alle classiche soluzioni di laboratorio quali il Naflon, un fluoropolimero-copolimero prodotto dalla DuPont, impone l’adozione di specifici sistemi di raffreddamento e umidificazione. Le lamine, infatti, devono essere costantemente idratate, dato che tendono a seccarsi inficiando la produzione d’energia. Ebbene, in questo contesto s’inseriscono le membrane ispirate ai cactus, in grado di operare a temperature superiori senza disidratarsi e senza bisogno di un umidificatore dedicato. La quadratura del cerchio.
Le lamine derivate dallo studio delle piante grasse replicano il funzionamento delle microporosità lungo la superficie esterna dei cactus; queste si aprono di notte, quando c’è maggiore umidità, e si chiudono di giorno, quando aumenta il calore. Analogamente, le membrane delle pile a combustibile si avvalgono di nano fessure che si dilatano in presenza delle particelle d’acqua generate dalle reazioni elettrochimiche, accumulando umidità, e si restringono quando cresce il rischio di disidratazione. Così facendo, il vantaggio della compattezza tipico delle pile a combustibile con membrane Pemfc non viene annullato dalla necessità d’installare ulteriori dispositivi d’umidificazione, rendendo possibile aumentare l’efficienza dei sistemi propulsivi a idrogeno sino a quattro volte rispetto allo standard. La propulsione mediante fuel cell è sempre più performante; non resta che attendere una rete di distribuzione altrettanto evoluta.
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