Il santuario di Peam Krasop e la riserva di Koh Kapik Ramsar sono uno scrigno di diversità da preservare, secondo Fauna & Flora Internacional.
Quest’anno in Calabria sono nati più di tremila piccoli esemplari di Caretta caretta
Con 3.335 piccoli nati nell’ultima stagione riproduttiva, la costa ionica calabrese si conferma come il rifugio ideale per la tartarughe marine. Anche grazie a un intenso lavoro di tutela.
Dalla Calabria arriva una splendida notizia per chi ha a cuore il mondo animale. Con la schiusa degli ultimi nidi nella prima decade di ottobre, si è conclusa la stagione riproduttiva delle tartarughe Caretta caretta. 92 i nidi che sono stati mappati nel territorio della Regione, 65 quelli rinvenuti e protetti dalla onlus Caretta Calabria Conservation. Da questi ultimi sono nati ben 3.335 piccoli; quasi il doppio rispetto allo scorso anno, che pure era stato molto incoraggiante. E il trend è in positivo in tutt’Italia.
Calabria, l’habitat ideale per le tartarughe marine
Il team di Caretta Calabria Conservation è attivo soprattutto sulla costa ionica della provincia di Reggio Calabria. Una zona ancora selvaggia, difficile da raggiungere e, pertanto, poco turistica. Anche questo ha fatto la fortuna delle tartarughe marine, che riescono a nidificare quasi indisturbate in un ambiente che presenta un mix di condizioni ideali a livello di meteo, posizione geografica e composizione fisico-chimica delle spiagge.
Il “quasi”, però, è d’obbligo. Nella nota con cui diffonde il lieto annuncio, infatti, la Onlus fa un appello contro la pulizia degli arenili con pale e mezzi meccanici, che rischiano di distruggere i nidi e – più in generale – causano gravi danni all’ecosistema, come ha fatto notare anche il Wwf. Inoltre, chiede con forza ai comuni e alle forze dell’ordine di sanzionare in modo più severo il via vai di fuoristrada e quad, i bivacchi notturni, i falò. Pratiche che di per sé sarebbero già vietate, e che si sono fatte paradossalmente più frequenti nell’anno della pandemia.
Proteggere le Caretta caretta in tempi di pandemia
Proprio la pandemia ha influito parecchio sulle imponenti e laboriose operazioni di tutela. Per marcare cinque femmine adulte e rintracciare i nidi, infatti, biologi e naturalisti hanno dovuto pattugliare la costa giorno dopo giorno, anche con l’ausilio di droni e bici da fuoristrada a pedalata assistita.
Tutto ciò dovendo rinunciare a tanti collaboratori, impossibilitati a raggiungerli a causa dell’emergenza sanitaria, e anche agli eventi in cui abitanti del luogo e turisti sono chiamati ad assistere alla schiusa delle uova. Momenti fondamentali per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Proprio quest’anno in compenso è entrata in gioco Sea Shepherd Italia, che ha monitorato senza sosta il territorio per proteggere le nidiate.
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