Chi è Liz Truss, la nuova premier inglese innamorata dei mercati

Liz Truss è una liberista, convinta sostenitrice dei mercati e pronta a relegare la questione climatica in secondo piano.

Mary Elisabeth Truss è stata eletta leader del Partito conservatore britannico, e sarà nominata oggi prima ministra dalla regina Elisabetta II. Succederà a Boris Johnson, la cui figura era ormai da tempo logorata: l’eccentrico premier inglese uscente aveva rassegnato nello scorso mese di luglio le sue dimissioni, promettendo di lasciare il posto a settembre.

Liz Truss è la terza donna (e terza conservatrice) a diventare premier

Il partito di maggioranza, come da prassi, si è così riunito per eleggere un nuovo leader. Che, sempre da prassi, diventerà appunto premier.  Dopo Margaret Thatcher e Theresa May, Liz Truss sarà la terza donna – e terza conservatrice – a ricoprire il ruolo di capo del governo di Londra. Ha ottenuto infatti il 57 per cento dei consensi all’interno dei Tories, contro il 43 dell’altro candidato, l’ex ministro delle Finanze Rishi Sunak.

Originaria dello Yorkshire, Liz Truss ha 47 anni e proviene da una famiglia della piccola borghesia inglese. Suo padre, John, è stato docente di matematica all’università, mentre la madre, Priscilla, un’infermiera (militante della sinistra britannica). Dopo aver frequentato la Roundhayh School si è laureata ad Oxford.

boris johnson, ruanda
Il premier inglese uscente Boris Johnson © Matt Dunham – Wpa Pool/Getty Images

Convinta liberista, ha promesso anche il ritorno delle trivellazioni nel mare del Nord

Fervente sostenitrice del libero scambio e apertamente ultra-liberista, Truss ha basato tutta la sua campagna su una classica ricetta della sua dottrina economia di riferimento: il calo delle tasse, che dovrebbe costare allo stato circa 30 miliardi di sterline (quasi 35 miliardi di euro). Ma ha anche promesso la riprese delle trivellazioni nel mare del Nord alla ricerca di petrolio, come parte della “soluzione” di fronte alla crisi energetica. E in una delle prime posizioni assunte da premier in carica, ha dichiarato di voler rivedere la norma che vieta il fracking, ovvero la fratturazione idraulica delle rocce da scisto alla ricerca di gas. Una mossa fortemente negativa non solo per il clima, trattandosi dell’estrazione di una fonte fossile, ma anche per l’ambiente: la tecnica è considerata pericolosa per le sostanze utilizzate, mescolate all’acqua (di cui si utilizzano ingenti quantità), che rischiano di inquinare le falde acquifere. Ma si ritiene che il fracking possa anche essere causa di terremoti nelle zone in cui è praticato.

Non c’è dunque da attendersi particolare attenzione alla questione climatica. Anche perché la transizione ecologica impone un ruolo centrale per lo stato, mentre Liz Truss ha affermato a più riprese di fidarsi del mercato come strumento ottimale per l’allocazione delle risorse. In questo senso, la nuova prima ministra inglese marcherà probabilmente un cambiamento di rotta rispetto anche allo stesso Johnson, che aveva puntato sulla politica del levelling up, ovvero del riequilibro tra il Nord più povero e il Sud ben più agiato.

La fiducia cieca nei mercati e il “non interventismo” pubblico

Una strategia che avrebbe comportato, allo stesso modo, un intervento dello stato, che Truss – in questo senso coerentemente con l’impostazione liberista – considera deleterio. Al contrario, a suo avviso sono necessarie deregolamentazioni e “non interventismo” da parte dei poteri pubblici. E il piano di salvataggio al quale sarà tuttavia costretta per evitare che milioni di cittadini britannici non riescano a pagare le bollette elettriche limiterà ancor di più i margini di manovra del governo.

In politica estera, una delle prime posizioni assunte dalla prima ministra inglese è legata alla capitale di Israele. Seguendo una decisione che fu assunta dall’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump e che provocò veementi proteste, Truss ha parlato con il premier della nazione ebraica, Yair Lapit, comunicandogli di essere pronta a valutare lo spostamento dell’ambasciata britannica da Tel Aviv a Gerusalemme. Il che equivarrebbe a riconoscere quest’ultima come capitale di Israele.

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