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Secondo un nuovo rapporto di WildAid la domanda di pinne di squalo è in costante calo, grazie anche alle campagne di sensibilizzazione.
Ogni anno vengono uccisi nel mondo tra i 63 e i 273 milioni di squali, la maggior parte dei quali per le loro pinne. In Asia, in particolare in Cina, la zuppa di pinne di squalo è ritenuta tradizionalmente simbolo di ricchezza e di lusso ed è servita ad eventi come matrimoni e banchetti. Il commercio delle pinne di squalo in Cina ha provocato la diminuzione di alcune popolazioni di squali fino al 98 per cento negli ultimi 15 anni. Ma qualcosa, finalmente, sta cambiando, secondo un rapporto stilato dall’organizzazione conservazionista WildAid, la vendita di pinne di squalo nel Paese asiatico è in costante diminuzione.
Dal rapporto di WildAid, che da anni si batte per ridurre la domanda di prodotti provenienti dalla fauna selvatica, è emerso che le vendite di pinne di squalo sono diminuite del 50-70 per cento. A Guangzhou, ritenuto il centro di questo tipo di commercio in Cina, sono diminuite addirittura dell’82 per cento.
Il rapporto è stato compilato raccogliendo dati provenienti da diverse fonti, tra cui le interviste ai commercianti. Un venditore all’ingrosso di pinne di squalo ha dichiarato che questo ormai “è un business morente”.
Questa netta inversione di tendenza è dovuta sia alla campagna di austerità del governo, il quale ha vietato di servire le costose pinne durante gli eventi statali nel 2012, che alla crescente sensibilizzazione della popolazione, in particolare dei più giovani, grazie anche alle campagne in difesa degli squali delle associazioni ambientaliste. “È stata una combinazione di fattori”, ha confermato Peter Knights, direttore esecutivo di WildAid.
È dunque cambiata la percezione che i cinesi hanno di questo piatto tradizionale. Secondo il rapporto l’85 per cento dei consumatori intervistati online ha dichiarato di aver rinunciato alla zuppa di pinne di squalo negli ultimi tre anni.
Una figura di spicco in questa vera rivoluzione culturale è quella dell’ex campione di basket Yao Ming, molto popolare in Cina, che ha guidato una grande campagna di consapevolezza sull’impatto del commercio di pinne di squalo. La pressione esercitata dalle organizzazioni conservazioniste ha inoltre influenzato le imprese, alcune grandi catene alberghiere hanno infatti smesso di servire questo piatto e in tutto il mondo circa sessanta compagnie aeree hanno deciso di non trasportare più pinne di squalo.
Al netto di questa positiva presa di coscienza della Cina, molte specie di squalo sono ancora in grave pericolo. Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) un quarto degli squali del mondo è minacciato di estinzione. “La strada è ancora lunga ma la scomparsa del business delle pinne di squalo certamente contribuirà ad alleviare in larga misura la pressione su questi animali”, ha concluso Peter Knights.
Tra il 2012 e il 2016, secondo quanto riportato da WildAid, la Thailandia è stato il Paese che ha esportato la maggior quantità di pinne di squalo, addirittura 22.467 tonnellate. Oltre la metà dei thailandesi avrebbe inoltre dichiarato di aver mangiato pinne di squalo e ha intenzione di consumarle nuovamente in futuro.
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