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Sono anni complicati per le api e tutti gli impollinatori, non solo in Italia. In pericolo la produzione di miele, ma anche l’intero settore agricolo.
Gli ultimi sono anni difficili per le api in tutto il mondo. Dagli Stati Uniti alla Cina, passando anche per l’Italia, le comunità di impollinatori sono in difficoltà. E questo sarà probabilmente ricordato come l’annus horribilis per i piccoli insetti.
Agricoltura intensiva, impiego di pesticidi neonicotinoidi come spray folgiari, attacchi parassitari ed eventi meteorologici estremi, sono alcune delle cause che hanno portato la perdita del 19 per cento delle colonie di api nel nostro Paese nel biennio 2009-2010 (fonte ApeNet: ricerca e monitoraggio in apicoltura del Mipaaf).
Il ruolo delle api è di fondamentale importanza per l’ambiente e l’economia. Si stima che solo in Europa, le api, i bombi e le api selvatiche, contribuiscano al settore agricolo per oltre 22 miliardi di euro. Negli Stati Uniti la cifra si aggira attorno ai 9 miliardi. A livello globale la Fao stima che gli impollinatori contribuiscano alla produzione mondiale di cibo per cifre che vanno dai 230 miliardi ai 580 miliardi di euro.
“La crescente minaccia nei confronti degli impollinatori, che giocano un ruolo fondamentale nella sicurezza alimentare, offre un altro esempio interessante di come le persone siano collegato con l’ambiente, e quanto profondamente intrecciato sia il nostro destino con quello del mondo naturale”, commenta la Fao. “Mentre lavoriamo per la sicurezza alimentare, è importante affrontare la sfida con una considerazione di quali siano gli impatti ambientali che causano il problema. Lo sviluppo sostenibile, inclusa la sicurezza alimentare, richiede un approccio che abbracci l’ambiente”.
Secondo lo studio condotto dalla rete di monitoraggio istituita nell’ambito del progetto “ApeNet: ricerca e monitoraggio in apicoltura”, finanziato dal Mipaaf e coordinato dal Consiglio per la ricerca in agricoltura – Api (Cra-Api), dal Dipartimento di Scienze Agroambientali dell’Università di Bologna e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, le api e gli alveari in tutto il Paese hanno subito gravi perdite. “Nel 2010 – conclude lo studio – le perdite di colonie sono risultate correlate in modo significativo alla presenza di pesticidi nelle api durante il secondo periodo di campionamento dell’anno. Nel biennio 2009-2010 i tassi di mortalità delle colonie sono risultati correlati positivamente alla percentuale di terreno agricolo circostante gli apiari”.
La conferma dell’anno particolarmente difficile viene anche dal campo, direttamente dagli apicoltori. Come Marco Zucchetti, apicoltore impegnato nel progetto Bee My Future di LifeGate. “Il mese di maggio e giugno sono stati caratterizzati da alternarsi di bel tempo, nei primi di maggio, e dal susseguirsi poi di incessanti piogge e basse temperature. Poi è arrivata l’estate ma ancora con forti temporali e grandinate. L’estate avanzata è stata poi caratterizzata da un clima piuttosto secco e con scarse fioriture. Rispetto allo scorso anno, nel mese di aprile e maggio, il fenomeno della sciamatura è stato più evidente e la produzione è stata decisamente inferiore allo scorso anno. Sul finire dell’estate, visto il clima secco, le api sono riuscite poi ad accumulare meno scorte rispetto agli anni precedenti”.
Tendenza confermata dalle varie associazioni presenti sul territorio nazionale, alcune della quali parlano di una perdita del 70 per cento della produzione annuale. “La variabilità climatica e le difficili condizioni ambientali, dovute all’agricoltura intensiva, sono responsabili di un record negativo nella produzione italiana di miele con un 30 per cento in meno della media dei raccolti”, spiega Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago. “L’invasione di pesticidi e il loro uso indiscriminato stanno cambiando persino il sistema immunitario delle api. La coltivazione agricola è sempre più un atto ambientale. Prendersi cura delle api oggi ci salverà dalla distruzione ambientale che sta proseguendo con sempre più intensità e sta raggiungendo il punto di non ritorno”.
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