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Premi Pinocchio. I nomi di chi rema contro alla Cop 21
Le ong hanno consegnato i premi Pinocchio alle tre aziende più incoerenti nelle politiche per il clima. Le stesse che sono presenti alla Cop 21 di Parigi.
Appena entrati nella “zona blu” della Cop 21, proprio sul viale centrale che suddivide i grandi padiglioni della conferenza, campeggia un imponente cartellone, punteggiato di loghi. In alto, la scritta “La Francia ringrazia”. Sotto, un lungo elenco di marchi noti. Tra i quali alcuni che, secondo le organizzazioni non governative, altro non hanno fatto se non tentare di pulirsi la coscienza – e l’immagine – partecipando all’evento.
Così, il 3 dicembre a Parigi sono stati resi noti dalle associazioni i vincitori dei premi Pinocchio del clima, assegnati alle tre imprese che si sono distinte “per aver contribuito ad indebolire le politiche di lotta ai cambiamenti climatici e per aver effettuato (o finanziato) attività dannose per le comunità locali in cui esse operano”. A vincere sono stati il colosso petrolifero americano Chevron, assieme alla multinazionale francese dell’energia Edf e alla banca Bnp Paribas.
I due gruppi transalpini, in particolare, fanno parte degli sponsor della conferenza sul clima delle Nazioni Unite. Un vero paradosso, se si considera, ad esempio, che l’istituto di credito “non soltanto ha finanziato in modo massiccio numerose centrali a carbone, soprattutto in Sudafrica e in India, ma risulta addirittura il quarto istituto finanziario al mondo più attivo in tale business”, spiega Sylvain Angerand, coordinatore delle campagne dell’associazione Les amis de la Terre.
Edf, invece, è stata “premiata” per la sua campagna pubblicitaria nella quale ha tentato di mostrare il nucleare come un’energia pulita. L’azienda, inoltre, possiede sedici centrali a carbone nel mondo, tra le quali alcune tra le più inquinanti d’Europa. Ancor più paradossale, è il fatto che il principale azionista della società è lo stesso stato francese. “Sia Bnp che Edf continueranno ad investire fortemente nelle energie fossili. Rappresentano dunque una parte del problema, non la soluzione”, accusa la militante ambientalista Juliette Renaud.
Il colosso americano Chevron, infine, ha ricevuto è stato riconosciuto come un Pinocchio del clima per le sue politiche aggressive di lobbying a favore del gas e del petrolio da sabbie bituminose, attuate in particolare in Argentina. Nella nazione latinoamericana, infatti, la multinazionale è partner del governo e dell’impresa pubblica Ypf nel tentativo di sfruttare tali fonti di energia non convenzionali in Patagonia. “Numerose comunità in tutto il mondo soffrono per le azioni nefaste di queste imprese, che però dichiarano di voler contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici”, ha aggiunto Colin Roche, anche lei attivista di Les amis de la Terre.
Secondo la Réseau action climat (Rac), consorzio di associazioni presente alla Cop 21, “i grandi gruppi industriali si sono riusciti ad introdurre anche dell’Agenda delle soluzioni della conferenza”. Si tratta di un’iniziativa congiunta della presidenza peruviana della Cop 20, di quella francese della Cop 21, e delle Nazioni Unite, che mira a proporre tutta una serie di idee per combattere i cambiamenti climatici. La Rac ha inviato una lettera al presidente François Hollande per stigmatizzare l’attività di lobbying portata avanti da alcune grandi aziende.
Ad inquietare, in particolare, è la possibile inclusione, nell’Agenda, di un partenariato che mira a ridurre le fughe di metano provocate dalle industrie del settore: “La Cop 21 deve puntare alla transizione energetica verso un mondo al 100 per cento rinnovabile. Bisogna perciò escludere tutte le iniziative che perpetuano la nostra dipendenza dalle fonti fossili”.
Non a caso, le ong presenti a Le Bourget non hanno esitato a puntare il dito contro numerose aziende, accusate di tentare di influenzare, in negativo, le sorti della conferenza sul clima di Parigi. Così, un gruppo di associazioni, tra le quali l’Observatoire des multinationales, Corporate Europe Observatory et Attac, hanno pubblicato una guida delle lobby economiche che “remano contro”. Scorrendo le pagine del rapporto, si scopre che Edf, assieme all’altro gigante francese del settore Engie, produce lo stesso quantitativo di CO2 di un paese come il Belgio. “La verità – conclude Angerand – è che non si può chiedere a gran voce un accordo per il clima ambizioso e, al contempo, far partecipare questo tipo di aziende alla conferenza”.
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