Si chiude oggi la prima di due settimane di negoziati climatici a Bonn , in Germania. Si tratta di uno degli eventi preparatori rispetto alla ventisettesima Conferenza mondiale sul clima (Cop27) che si terrà nel prossimo mese di novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Un appuntamento cruciale per implementare concretamente l’Accordo di Parigi, adottando misure utili per limitare le emissioni di gas ad effetto serra e superare l’impasse che ha impedito di effettuare i passi avanti che ci si attendevano all’appuntamento precedente, la Cop26 tenuta a Glasgow nel 2021.
I lavori preparatori della Cop27 in un quadro geopolitico sempre più complesso
I delegati delle quasi 200 nazioni che partecipano ai lavori si riuniscono in un contesto che, dal punto di vista geopolitico, è ancor più complesso rispetto allo scorso anno. Al protrarsi delle conseguenze della pandemia si è infatti aggiunto un conflitto in piena Europa, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il che ha provocato anche numerose tensioni sui mercati delle materie prime, con ricadute sulla povertà e sulla fame nel mondo.
— Italian Climate Network (@ItalianClimate) June 3, 2022
Aprendo la sessione dell’Unfccc (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite che organizza le Cop) la segretaria generale Patricia Espinosaha ammonito: “Quello dei cambiamenti climatici non è un problema che possiamo permetterci di affrontare più in là nel tempo”. Come dire: la guerra e le tensioni geopolitiche non devono bloccare i negoziati. Pena la condanna di intere generazioni a vivere in un Pianeta che non assomiglierà più a quello che conosciamo.
La necessità di rispettare il Patto di Glasgow
Allo stesso modo, la prima ministra della Svezia Madgalena Andersson ha evocato il pericolo che la vicenda ucraina possa compromettere i risultati della prossima Cop27: “Il conflitto ha mostrato in modo chiaro che la dipendenza dai combustibili fossili non rappresenta soltanto un rischio per il clima ma anche per la sicurezza. Occorre porre un termine a tutto questo”.
A Bonn si spera dunque di spianare la strada per la Cop27 vera e propria del prossimo autunno. Ripartendo proprio da quanto lasciato in sospeso a Glasgow, a cominciare dalla necessità di rendere più ambiziosi i piani di riduzione delle emissioni climalteranti dei governi, ancora oggi non sufficienti e non allineati all’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi: limitare la crescita della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.
Numerose nazioni non sono infatti ancora allineate e dovranno presentare nuove Ndc (Nationally determined contributions), ovvero promesse di riduzione delle emissioni. Ad oggi, infatti, la traiettoria degli impegni avanzati finora porterebbe la temperatura media globale a crescere di 2,8 gradi.
“I piani di riduzione delle emissioni di CO2 ci servono”
Occorrerà in questo senso rispettare il “Patto” concluso a Glasgow, che impone ai governi di effettuare tale revisione. “Quei piani ci servono, occorre far avanzare i negoziati in modo più rapido!”, ha insistito Espinosa. Al contrario, l’assenza di nuove promesse concrete, a pochi mesi ormai dalla Cop 27, secondo il direttore dell’Istituto di ricerca sugli impatti dei cambiamenti climatici di Potsdam, Johan Rockström, mostra “la distanza tra le azioni concrete e le prove scientifiche su una crisi mondiale in arrivo, con impatti inimmaginabili”.
— ANSA Ambiente & Energia (@ansa_ambiente) June 6, 2022
Altro punto, annoso, all’ordine del giorno è quello sui finanziamenti dal Nord al Sud del mondo per l’adattamento di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Nel 2009 i paesi ricchi promisero 100 miliardi di dollari all’anno a quelli più poveri e vulnerabili. Quella cifra non è mai stata stanziata per intero. E oggi si discute di un rilancio della questione.
In questo senso, l’Aosis, l’Alleanza dei piccoli stati insulari, tra i più esposti in assoluto, si è presentata a Bonn implorando: “Non sia un altro forum di sole discussioni. Occorre una visione chiara di quando e come sarà applicato un finanziamento specifico che copra danni e perdite”. La parola, ancora una volta, come ormai da decenni è soprattutto ai governi dei paesi del Nord del mondo.
La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
Il testo finale della Cop28, quello che contiene anche il bilancio delle azioni fatte e quello che c’è da fare contro la crisi climatica, è stato approvato dalla plenaria.
Phase out, phase down, unabated. Cerchiamo di capire meglio il significato delle parole della Cop28, al fine di orientarci meglio nelle prossime ore quando arriveranno nuove bozze e nuovi documenti da analizzare.
L’Italia è stata protagonista nella dichiarazione su agroalimentare e clima, la Emirates declaration. Sulla convergenza tra questi due temi vuole costruire anche l’agenda del G7.
Riuscire a non farsi influenzare dal contesto è sempre difficile per un giornalista. A Dubai lo è ancora di più, ma questo non deve inquinare il racconto del risultato che verrà raggiunto dalla Cop28.
Nella giornata a loro dedicata, i giovani parlano di occupazione militare, economica, fossile. Mentre l’Opec chiede ai “propri” delegati di rigettare l’accordo, al-Jaber si dice “fiducioso che qualcosa di speciale possa accadere”.