Quella dei lobbisti delle fonti fossili è la terza delegazione più nutrita presente alla Cop28 di Dubai. E ha un solo obiettivo: far fallire i negoziati.
La terza “nazione” più rappresentata alla ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop28 che è in pieno svolgimento a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti… non è una nazione. A garantire una presenza sul posto così corposa, infatti, è l’industria delle fonti fossili, che si è presentata al summit con ben 2.456 lobbisti.
🚨BREAKING: Explosion in the number of fossil fuel lobbyists granted access to #COP28. A RECORD 2456 – finds new analysis from #KickBigPollutersOut coalition.
I numeri forniti dalla coalizione di ong Kick big polluters out
Si tratta di un problema non da poco, nell’ottica di una conferenza che dovrebbe porre le basi per una serie azione climatica in grado di dare attuazione concreta all’Accordo di Parigi del 2015. Chi ha raggiunto Dubai, infatti, per conto delle compagnie che sfruttano carbone, petrolio e gas lo ha fatto con l’obiettivo di evitare che la decisione finale finale della Cop28 possa includere regole troppo stringenti. L’obiettivo di questo esercito di lobbisti, insomma, è di tentare di rallentare il processo di decarbonizzazione. Esattamente il contrario di ciò di cui avremmo bisogno.
I dati relativi alla presenza dell’industria delle fonti fossili alla conferenza mondiale sul clima sono stati forniti da una coalizione di 450 organizzazione non governative, la Kick big polluters out, della quale fanno parte, tra gli altri, Global Witness, Greenpeace, ActionAid e Transparency International. Quasi 2.500 persone, dunque: un numero inferiore solamente alla delegazione emiratina, che in quanto nazione ospitante può contare su 4.500 rappresentanti (ai quali si aggiungono 4.900 invitati), e a quella del Brasile.
Quadruplicato il numero di lobbisti fossili rispetto alla Cop27 di Sharm el-Sheikh
La nazione sudamericana più volte ha presentato un numero di delegati particolarmente nutrito nelle edizioni precedenti. Stavolta è stata particolarmente motivata, poiché nel 2025 ospiterà la Cop30, che dovrebbe svolgersi a Belém, alle porte della foresta amazzonica.
A record number of fossil fuel lobbyists attending COP28 are undermining climate talks. Fossil fuel lobbyists must be resisted, now and at future meetings. A fast, fair, full and funded phase out of all fossil fuels must be a priority at COP28. pic.twitter.com/q3AbS5R0Au
I rappresentanti dell’industria delle fossili, però, allo stesso modo erano moltissimi anche alla Cop27 di Sharm el-Sheikh (636), così come alla Cop26 di Glasgow (503). Stavolta il dato è dunque quadruplicato, superando anche l’aumento complessivo del numero di persone accreditate all’evento (che quest’anno ha raggiunto un record di oltre 80mila).
La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
Il testo finale della Cop28, quello che contiene anche il bilancio delle azioni fatte e quello che c’è da fare contro la crisi climatica, è stato approvato dalla plenaria.
Phase out, phase down, unabated. Cerchiamo di capire meglio il significato delle parole della Cop28, al fine di orientarci meglio nelle prossime ore quando arriveranno nuove bozze e nuovi documenti da analizzare.
L’Italia è stata protagonista nella dichiarazione su agroalimentare e clima, la Emirates declaration. Sulla convergenza tra questi due temi vuole costruire anche l’agenda del G7.
Riuscire a non farsi influenzare dal contesto è sempre difficile per un giornalista. A Dubai lo è ancora di più, ma questo non deve inquinare il racconto del risultato che verrà raggiunto dalla Cop28.
Nella giornata a loro dedicata, i giovani parlano di occupazione militare, economica, fossile. Mentre l’Opec chiede ai “propri” delegati di rigettare l’accordo, al-Jaber si dice “fiducioso che qualcosa di speciale possa accadere”.