Dal Nepal al Marocco, dal Madagascar al Perù, molte delle proteste antigovernative di queste settimane sono guidate dalla Generazione Z.
Nella notte è uscita una nuova bozza che fa crollare le speranze. 30 paesi scrivono alla presidenza che è inaccettabile.
La doccia fredda, che si pensava impossibile visto l’andamento della prima settimana di lavori alla Cop30 di Belém, è arrivata nella notte tra giovedì 20 e venerdì 21 novembre. Nel momento cioè in cui la 30esima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite è giunta alle battute finali.
La presidenza brasiliana ha pubblicato infatti una nuova bozza del documento più attesto: quello sulla mutirão, la mobilitazione collettiva tanto attesa e che dovrebbe dare corpo all’espressione troppo vaga che fu decisa al termine della Cop28 di Dubai. Ovvero l’ormai famoso transitioning away from fossil fuels.
La bozza pubblicata nella notte, addirittura, non menziona neppure più la parola “fossili”. Una resa, almeno apparentemente (si conserva la speranza che possa trattarsi di una mossa strategica, volta forse a tentare di sparigliare). E soprattutto un passo indietro enorme rispetto all’ambizione che si percepiva nelle precedenti versioni. Tanto da aver suscitato perfino la reazione indignata di una trentina di nazioni di tutto il mondo.
Paesi come Francia, Colombia, Regno Unito, Germania e Belgio hanno scritto infatti immediatamente una lettera alla presidenza brasiliana. “Dobbiamo essere onesti: nella forma attuale, la proposta non presenta le condizioni minime per un risultato credibile a questa Cop30. Non possiamo sostenere un testo che non includa una roadmap per una transizione giusta, ordinata ed equa verso l’uscita dai combustibili fossili“, si legge nel documento.
Una presa di posizione chiara e particolarmente dura (per una volta nella giusta direzione). Saltare a piè pari la questione che era stata posta come centrale dallo stesso presidente del Brasile Lula all’inizio della Cop30 significa d’altra parte sconfessare perfino ciò che, con immensa fatica e risultati non straordinari, è stato fatto alle Cop precedenti.
La conferenza di Belém – la prima alle porte dell’Amazzonia, quella su cui in molti riponevano sincere speranze – rischia di trasformarsi in una cocente delusione. E dai corridoi della Cop c’è già chi, pur mantenendo l’anonimato, fa i nomi dei colpevoli: Cina, India, Arabia Saudita, Nigeria e Russia.
Questo articolo è stato pubblicato su Valori.it
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