Alberto Trentini è detenuto senza motivo in Venezuela da quasi 300 giorni

Il cooperante italiano è stato arrestato dalla polizia di Caracas nel novembre 2024: infruttuosi finora i tentativi diplomatici del governo italiano.

Anche se è giustamente la questione israelo-palestinese a monopolizzare il dibattito extra-cinema alla Mostra di Venezia, il Lido in questi giorni si è mobilitato anche per un’altra questione, più lontana geograficamente ma strettamente italiana: l’ingiusta detenzione di Alberto Trentini, cooperante veneziano, rinchiuso ormai da oltre 270 giorni nel carcere di massima sicurezza El Rodeo I, a est di Caracas, nel turbolento Venezuela. Lì, Alberto Trentini ha “festeggiato” lo scorso 10 agosto il proprio 46esimo compleanno, privato della libertà, senza accuse formali.

Chi è Alberto Trentini, detenuto in Venezuela 

E la mamma Armanda Colusso, da Venezia, ha lanciato un preciso appello al governo: “Alberto si è sempre occupato dei più deboli in tutti i Paesi in cui ha lavorato, oggi è detenuto ingiustamente e nessuno in questi mesi l’ha potuto incontrare. Esigiamo che il governo concretizzi gli sforzi per riportarlo a casa: ogni giorno in più di ingiusta detenzione produce un grande sofferenza, cosa penserà questo ragazzo del suo Paese che per mesi l’ha abbandonato?”

Alberto Trentino ha lavorato per anni in contesti difficili: Ecuador, Etiopia, Paraguay, Nepal, Grecia, Perù, Libano, Colombia. Era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 come capomissione per l’organizzazione Humanity & Inclusion, con l’obiettivo di portare assistenza alle persone con disabilità nelle zone più remote del Paese. Il 15 novembre, mentre si dirigeva verso Guasdualito, nel sud-ovest venezuelano, è stato fermato a un posto di blocco insieme all’autista della Ong. Da quel momento, è iniziato il suo calvario. Le autorità venezuelane lo hanno arrestato senza fornire spiegazioni ufficiali. Secondo fonti non confermate, sarebbe accusato di cospirazione e terrorismo, ma nessun capo d’imputazione è stato formalizzato. Trentini è detenuto in condizioni dure, come ha raccontato un ex detenuto svizzero rilasciato di recente: “Ero spesso legato a una sedia, con la testa coperta da un cappuccio. Mi hanno costretto a firmare confessioni false. Alberto sta bene, ma è chiaro che la sua detenzione è ingiusta”.

Sforzi diplomatici finora inutili 

La madre di Alberto Trentini ha potuto parlare con lui solo due volte in quasi nove mesi.  La Farnesina ha attivato canali diplomatici, e il ministro Antonio Tajani ha nominato Luigi Vignali come inviato speciale per seguire il caso, ma un incontro previsto con il governo di Caracas è saltato all’ultimo minuto lo scorso 6 agosto, lasciando la famiglia e l’opinione pubblica in uno stato di frustrazione crescente. Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha contattato personalmente la madre di Alberto, assicurando l’impegno del governo italiano. La vicenda ha suscitato reazioni anche a livello internazionale. Organizzazioni per i diritti umani e Ong europee hanno espresso preoccupazione per la detenzione arbitraria di cooperanti in Venezuela: il caso Trentini è stato paragonato a quello di altri cittadini stranieri detenuti senza processo, in un clima di crescente repressione. E anche la partecipazione di Paola Regeni, madre del ricercatore ucciso in Egitto, a un sit-in per Alberto ha dato ulteriore forza simbolica alla mobilitazione.

 

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