Il corpo umano secondo Paolo Giordano

Dopo cinque anni da “La solitudine dei numeri primi” Paolo Giordano torna con un nuovo libro.

C’è il corpo, in tutte le sue sfaccettature più
intime, più animali. C’è lo spirito di corpo di una
squadra di militari italiani che partono per una spedizione in
Afghanistan. Sono ragazzi: tra di loro c’è chi ancora
è inesperto nei confronti della vita, c’è chi ha
lasciato a casa il grande amore, la famiglia, situazioni in
sospeso. Non sono consapevoli del luogo-non luogo che li
accoglierà, “un recinto di sabbia esposto alle
avversità” che per mesi diventerà la loro base. Ad
attenderli nella fob (forward operating base) Ice del Gulistan
c’è il medico, il tenente Alessandro Egitto: “esistono
persone portate per l’azione, per comportarsi da protagoniste – lui
è solo uno spettatore, prudente e scrupoloso: un eterno
secondogenito”, che nasconde in flaconi senza nome degli
antidepressivi, che sfugge ad una situazione familiare complessa,
intricata, dolorosa, che si incastra nel racconto delle vicende
militari. La sua è una guerra privata inserita (o nascosta?)
una guerra più ampia.

All’inizio il libro di Paolo Giordano convince: ci sono le basi per la
delineazione di personaggi, per il loro posizionamento in un
sistema che li leghi e li definisca, i piani temporali si
incastrano, si alternano passato e presente, i ricordi e il loro
riflesso. Poi però pare che il racconto fatichi a ingranare,
il linguaggio appare stanco, alcuni nodi narrativi non vengono
né sciolti né stretti.

Due anni fa l’autore è stato nella base italiana di Buji, in
Afghanistan, ha vissuto con i militari i giorni prima del Natale e
ha scritto un reportage per la rivista Vanity Fair. Con quel pezzo
prima e con questo libro ora ha sicuramente il merito di aver
portato all’attenzione una guerra che sembra sempre lontana.
“Lontano lontano si fanno la guerra. ll sangue degli altri si
sparge per terra” scrisse il poeta Franco Fortini: il sangue si
sparge, ma alcuni non lo sanno, altri sì, ma sono impotenti.
Nelle pagine di questo romanzo si sentono vicini la solitudine
spiazzante di ragazzi che diventano uomini, lo spirito cameratesco,
ma soprattutto il corpo che in condizioni estreme prende il
sopravvento sulla ragione e sulle consuetudini: il corpo sente e sa
tutto.

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