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Per utero in affitto si intende la richiesta di una coppia (o di un singolo) a un’altra donna di portare in grembo per i nove mesi della gestazione il “loro” bambino e ovviamente di partorirlo. Una volta nato il piccolo, la donna non avrà nessun diritto sul bambino, sarà la coppia che l’ha commissionato a diventarne genitori.
Nella donna che mette a disposizione il proprio corpo è possibile impiantare sia ovuli e spermatozoi della coppia, sia quelli di donatori estranei se la coppia è sterile. Si parte dalla fecondazione in vitro con i gameti di genitori biologici e successivo trasferimento in utero dell’embrione. Oppure dall’ovulo di una mamma biologica fecondato col seme di donatore eterologo. Oppure, ancora, seme del padre biologico e ovocellula di donna estranea alla coppia che può corrispondere o meno a chi presta il proprio utero. È possibile trovare online molte agenzie che offrono servizi di maternità “conto terzi” e molte hanno una sezione dedicata specificatamente alle coppie omosessuali maschili, che, ovviamente, senza il nuovo mercato del corpo della donna non potrebbero avere un figlio geneticamente legato a sé.
I viaggi della speranza delle coppie che partono dall’Italia sono Stati Uniti, Canada, Ucraina, Armenia, Georgia, Russia, India, Sudafrica, Creta.
In Inghilterra, Spagna, Grecia, alcuni stati degli Usa, California in testa, Canada l’utero in affitto è consentito anche se in alcuni casi ne è proibita la commercializzazione. Altri permettono entrambe le modalità, sia quella altruistica che quella commerciale (India, Russia, Thailandia, Belgio, Georgia, Ucraina).
In Europa a vietare esplicitamente e in generale queste pratiche ci sono Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Malta, Portogallo, Spagna. In altri stati è proibito il pagamento esplicito (Danimarca, Irlanda, Ungheria, Grecia, Olanda), ma in alcuni, come in Grecia e Olanda, al tempo stesso è facilitata la cosiddetta “gravidanza surrogata altruistica” che consente forme mascherate di pagamento.
In Gran Bretagna, per esempio, la maternità surrogata è regolata dal 1985. Dal 1995 al 2007 ogni anno sono stati rilasciati dai 33 ai 50 Parental Order, cioè atti specifici con cui la responsabilità legale del neonato viene trasferita dai genitori affittati (cioè la donna che partorisce e, se ce l’ha, il partner) a quelli committenti. Quando nel 2010 l’accesso alla gravidanza conto terzi è stato esteso anche alle coppie non sposate, sia omo che eterosessuali, il numero dei Parental Order è aumentato: 83 nel 2010, 149 nel 2011, e il British Surrogacy Center ha aperto un ufficio dedicato alle coppie gay. Circa il 21% delle gravidanze su commissione sembra essere relativo a coppie gay. Le madri surrogate sono state reclutate soprattutto in India e Ucraina.
In Francia l’utero in affitto è vietato, ma un’associazione che offre questo servizio con donne residenti all’estero ha dichiarato che il numero di bambini nati in questo modo da donne straniere (Belgio, Gran Bretagna e Grecia, ma anche Canada, Ucraina, India e Russia) è in crescita: 120 nel 2007, 125 nel 2008, 150 nel 2009, 170 nel 2010. Altri studi, sempre per la Francia, riferiscono invece che il numero dei genitori che han fatto ricorso a questa procedura è superiore: 300 nel 2007 e nel 2008, 400 nel 2009, 500 nel 2010 e 700 nel 2011.
In Italia è ben radicato nel sistema giuridico il fatto che la donna che partorisce un bambino è considerata madre a tutti gli effetti e qualunque suo accordo prenatale, commerciale, contrattuale, è nullo. Dato che in Italia l’utero in affitto è illegale, le coppie che partono per mete estere e tornano con un bambino nato grazie all’utero in affitto rischiano di avere problemi con la trascrizione dell’atto di nascita o di essere perseguite per legge, anche se la giurisprudenza non ha una linea certa, anzi, in un caso ha già, obtorto collo, riconosciuto una nuova categoria: i “genitori tecnologici”.
Più il Paese è povero, più il costo del contratto scende e con esso anche le garanzie igienico-sanitarie.
Per le coppie che partono per Canada e Stati Uniti la pratica è tendenzialmente più sicura grazie a cliniche specializzate che seguono le mamme surrogate. Negli Usa le gravidanze surrogate sono praticate da circa 30 anni con contratti chiari e costi alti. Vi hanno fatto ricorso anche alcune attrici di Hollywood, tra cui Sarah Jessica Parker e Nicole Kidman.
In Usa, Inghilterra e Canada siamo nell’ordine dei 140mila euro. In Algeria 40.000. In India e Thailandia si scende a 10.000.
Di recente, il governo indiano ha dichiarato di voler porre un freno al fenomeno delle coppie straniere che affittano donne indiane per via della crescita di questo mercato, che si stima in aumento del 20% annuo e che ora varrebbe circa 150 milioni di dollari, 9 miliardi di rupie. La Thailandia era tra i Paesi più permissivi ma da luglio 2015 ha vietato l’utero in affitto agli stranieri: si rischia il carcere. Resta il mercato illegale fatto di soprusi e sfruttamenti.
Nel Sud est asiatico le condizioni delle donne e i prezzi, le garanzie sanitarie e, sia consentito, di umanità, scendono al di sotto dell’accettabile.
Tutto diventa più pericoloso e incerto poiché i committenti rischiano di essere sfruttati per il denaro e di non avere mai il bambino da loro comprato. Altro punto odioso, nei Paesi più poveri le donne sono costrette a vivere in stato di semi-prigionia per salvaguardarle al massimo da infortuni che mettano a rischio la gravidanza; e per di più, a loro arriva sì e no un centesimo del prezzo sborsato dalla facoltosa coppia di bramosi genitori.
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