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Dopo aver lottato per 40 anni, Patrick O’Connell si è spento a New York a causa dell’Aids. Ecco chi era l’inventore del nastrino rosso: vi raccontiamo la sua storia.
Negli ultimi trent’anni della sua vita, raramente c’è stato giorno in cui Patrick O’Connell non abbia indossato un nastrino rosso sulla camicia. Fu proprio lui a inventare, nel 1991, quello che è divenuto il simbolo della lotta all’Aids in tutto il mondo. Una malattia che O’Connell scoprì di avere negli anni Ottanta e che, il 23 marzo del 2021, se l’è portato via all’età di 67 anni. Soltanto adesso il fratello, Barry, ne ha confermato la morte, avvenuta in un ospedale di Manhattan a New York.
Negli anni Ottanta, New York era divenuta l’epicentro della malattia. Patrick O’Connell, nato nel 1953 da un operaio e da una segretaria, era un giovane artista gay costretto a vivere in un’atmosfera di sconforto e insicurezza. Nessuno voleva parlare di Aids in pubblico, tantomeno la Casa Bianca. Da un lato bisognava far fronte ai pregiudizi, dall’altro sopportare il dolore di dover partecipare al funerale di un amico dopo l’altro. “Vivevamo in una zona di guerra, con la differenza che si trattava di una guerra segreta, di cui soltanto noi eravamo a conoscenza”, ricordò l’uomo anni dopo, in un’intervista del 2011.
O’Connell non ce la faceva più ad assistere impotente a tutto questo. Cominciò a incontrarsi con altri membri della comunità artistica in un loft nel quartiere di Chelsea. Ed è così che nacque Visual Aids, un’organizzazione in difesa degli artisti affetti da Aids che si proponeva di aumentare la consapevolezza nei confronti della malattia grazie all’arte. Nel 1989 fu lanciata la prima “Giornata senz’arte”: musei come quello di Brooklyn, il Metropolitan, il J. Paul Getty di Los Angeles coprirono i loro quadri con un telo, in segno di lutto.
Fu nel 1991 che O’Connell ebbe l’idea del nastrino rosso a forma di “v” capovolta. Il rosso, acceso e vibrante, rappresentava il colore del sangue, oltre che della passione; il design minimalista era un riferimento al silenzio che circondava la malattia. “L’ispirazione ci venne guardando le immagini della Guerra del Golfo”, spiegò poi Allan Frame, fra i 15 artisti che contribuirono alla creazione del simbolo. “Nelle piccole città, gli americani avevano iniziato a indossare un nastro giallo per manifestare il proprio sostegno ai soldati”.
O’Connell e i colleghi sfruttarono tutte le conoscenze che avevano nel mondo del teatro per far sì che il nastrino venisse indossato sul palco dei Tony awards, i premi di Broadway simili agli Oscar. La sera della cerimonia, erano davanti alla tv in trepida attesa. Non riuscirono a trattenere l’entusiasmo quando videro che il presentatore, Jeremy Irons, portava il nastrino sul bavero. E non era l’unico: tante altre celebrità avevano risposto all’appello.
Da quel momento, il simbolo continuò ad acquisire notorietà, al punto da essere accusato di aver perso il significato originale. Ma O’Connell si difendeva così: “Le persone hanno voglia di parlare di Aids, senza dover incappare in giudizi o rabbia tutte le volte. Questo nastrino glielo permette. E anche se si tratta di un primo, semplice passo, per me ha già un grande significato”.
Anche se l’uomo è morto solo, dopo aver assistito alla scomparsa della maggior parte di coloro che avevano lottato al suo fianco, il suo ricordo non sbiadirà, proprio come il rosso acceso del nastrino che per molto tempo ancora continuerà a scintillare sulle camicie di chi non si è arreso. Sono stati compiuti passi da gigante nella cura della malattia, ed è la speranza che deve continuare ad alimentare la ricerca.
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