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Per la prima volta dall’inizio delle rilevazioni nel 2019, lo scorso anno la deforestazione è stata stabile o in calo in tutti e sei i biomi del Brasile.
Negli anni dell’amministrazione guidata da Jair Bolsonaro, i report periodici di MapBiomas – la coalizione di ong, università e aziende che monitorano la deforestazione in Brasile – sembravano bollettini di guerra. È passato relativamente poco tempo (Lula ha vinto le elezioni a fine 2022) ma i dati raccontano un’altra storia. Dopo il 2023, anche il 2024 ha visto un calo della superficie deforestata nel paese. Con una particolarità: per la prima volta dal 2019, anno in cui sono iniziate queste rilevazioni, questo trend riguarda tutti e sei i biomi del Brasile.
La deforestazione in Brasile procede a ondate. Ondate che sono figlie di scelte politiche, congiunture di mercato e condizioni meteorologiche. Tra il 2010 e il 2018, con l’amministrazione di centrosinistra prima di Dilma Roussef e poi di Michel Temer (che ha preso il suo posto dopo l’impeachment), molte tutele ambientali sono venute meno. Due esempi sono la riforma del codice forestale del 2012 e l’abolizione della riserva della Renca, parzialmente annullata tra le polemiche. L’ex-militare di estrema destra Jair Bolsonaro, apertamente ostile nei confronti delle istanze ambientaliste e dei popoli indigeni, ha ulteriormente allentato controlli e sanzioni.
Come risultato, MapBiomas calcola che l’area deforestata sia stata di 16.406 kmq nel 2020, 18.271 kmq nel 2021 e 21.146 kmq nel 2022. A partire dal 2023 si registra un’inversione di tendenza, con un meno 11 per cento che la porta poco a 18.367 kmq, per la stragrande maggioranza tra l’Amazzonia e la savana del Cerrado: quest’ultima, per la prima volta, registra il tasso di deforestazione più alto tra tutti i biomi. Il 2024 vede un ulteriore decremento del 32,4 per cento: il disboscamento si ferma infatti a 12.420 kmq. Sono numeri che non bisogna comunque sottovalutare. Sempre secondo MapBiomas, tra il 2019 e il 2024 la deforestazione in Brasile ha distrutto un’area equivalente all’intero stato della Corea del Sud. Di cui due terzi nell’Amazzonia legale.
Il Cerrado si conferma per il secondo anno consecutivo come il bioma con la maggiore superficie deforestata. Da solo supera infatti i 6.500 kmq, più di metà del totale nazionale. Il dato risulta comunque confortante se paragonato con l’anno precedente, perché vede un calo del 40 per cento. La savana tropicale ospita immensi campi di soia destinati all’alimentazione del bestiame; e non è da escludere che sia la stessa carne bovina che finisce nei supermercati europei. Al secondo posto c’è l’Amazzonia che rappresenta un altro 30,4 per cento della deforestazione in Brasile nel 2024. Il totale è dunque di 3.777 kmq: il dato più basso dal 2019, anno in cui sono iniziate le rilevazioni di MapBiomas.
Amazzonia e Cerrado, da soli, arrivano all’89 per cento dell’area deforestata nel 2024. Ma l’evento di disboscamento singolo più esteso mai registrato da MapBiomas è stato in Caatinga, una regione semi-arida nel nord-est del Brasile, la cui vegetazione è composta soprattutto da cactacee e altre piante spinose. Nell’arco di appena tre mesi sono andati distrutti 136 kmq in una sola proprietà rurale. Nel 2024 tutti e sei i biomi del Brasile hanno visto un calo della deforestazione rispetto all’anno precedente, con la sola eccezione della Foresta Atlantica in cui è rimasta stabile dopo un calo del 60 per cento tra il 2022 e il 2023. Nella zona umida del Pantanal la riduzione è del 58,6 per cento rispetto al 2023.
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