Elezioni americane. Trump alla ricerca disperata di voti, chiama in causa i minatori

Trump cerca il voto nelle contee del carbone, tra Pennsylvania, Ohio e West Virginia. Un ultimo tentativo per conquistare alcuni swing state. Gli ambientalisti, invece, non hanno dubbi.

Il viale della vittoria per la Casa Bianca, per il candidato repubblicano Donald Trump passa per cinque stati: Florida, Arizona, Virginia, Ohio e Pennsylvania. Negli ultimi giorni Trump si è concentrato su questi ultimi due, nel tentativo di sottrarli alla rivale democratica, Hillary Clinton. Incastonati nella cosiddetta “rust belt”, la cintura di ruggine, un’area che comprende molti degli ex stati industriali, che va dal Wisconsin fino alla Virginia, questi due stati valutano particolarmente un tema elettorale: salvare l’industria del carbone americana.

Il mito del carbone pulito secondo Trump

“Abbiamo più di mille anni di carbone ‘pulito’ in questo paese, salviamo questa importante risorsa americana. Hillary vuole buttare i minatori fuori da questo business”, ha tuonato Trump durante il secondo dibattito elettorale, un messaggio ripetuto in tutti i comizi nelle zone minerarie, in Pennsylvania, Ohio e West Virginia, tutti importanti stati carboniferi.

Qui ha trovato un pubblico pronto ad ascoltarlo e che non conta poco a livello elettorale. Le ragioni sono chiare. Negli Stati Uniti la produzione di carbone ha subìto un crollo verticale negli ultimi cinque anni. Colossi come Peabody e Arch Coal, insieme altre cinquanta compagnie, hanno dichiarato bancarotta tra il 2014 e il 2015. Dietro la crisi dei combustibili fossili c’è il rallentamento delle esportazioni verso la Cina, la dismissione di numerosi centrali termoelettriche e i maggiori controlli sulle emissioni di gas serra (il carbone rimane la fonte di energia a maggiori emissioni di CO2) voluti dall’attuale presidente americano Barack Obama.

Oltre 11mila posti di lavoro sono andati persi nel 2015 e in molte zone il boom dello shale gas (il gas naturale contenuto in argille e rocce porose) e delle energie rinnovabili non è arrivato o non è stato adeguatamente governato per rimpiazzare i posti di lavoro persi. I posti di lavoro ancora a rischio sono 92mila, qualora il settore del carbone scompaia definitivamente, come sembra essere destinato. Sono tanti coloro che hanno scelto di tuffarsi nel business dei pannelli solari, ma per molte persone fare il minatore o il trasportare di carbone rimane l’unica occupazione possibile.

I minatori democratici sono confusi

“Noi siamo senza lavoro, non c’è più nulla qua”, dice Andy Whooler, 34 anni, di Johnston, Pennsylvania, che ha perso il lavoro per la chiusura, a gennaio, della sua azienda. “Sono democratico, ma sono disposto a votare chiunque mi ridia il mio lavoro. Sono nato minatore, non so fare altro”. Da queste parti, la ragione di voto è una: o sei per il carbone o sei contro.

Uno dei più grandi sponsor di Trump nel “coal state”, lo stato carbone, la Pennsylvania, è Michael Ward, l’amministratore delegato di Csx, un’importante compagnia ferroviaria che ha registrato un crollo dei profitti del 20 per cento in seguito al declino dell’estrazione carbonifera.

“Noi crediamo che ci possa aiutare con la sua visione sul carbone, aiutando a far ripartire il settore”, ha dichiarato Ward al canale finanziario Cnbc. “L’ex segretario di stato Clinton è meno appassionata all’argomento”.

Dopo che il suo staff elettorale ha richiesto al sindaco di Logan, West Virginia, noto centro minerario, se potevano organizzare un comizio, gli amministratori locali hanno risposto seccamente: “Assolutamente no. Le politiche supportate da Clinton hanno distrutto questa cittadina”, hanno dichiarato in un comunicato le autorità. Il suo commento “metteremo i lavoratori e le compagnie che lavorano nel settore fuori mercato”, non è piaciuto a nessuno nei paesini dei monti Appalachi, tra Pennsylvania e West Virginia dove oltre 50mila posti di lavoro sono andati in fumo nell’ultimo anno. E la sua – apprezzata – contrarietà al combustibile fossile, almeno in questi stati potrebbe costargli voti importanti. Anche se per il momento i sondaggi non danno per scontato nulla, in Pennsylvania e in Ohio Trump è costretto a vincere se vuole avere qualche speranza.

Chi ama l’ambiente vota Clinton

Per Hillary Clinton suona tutta un’altra musica. Il segmento elettorale su cui può contare è quello ambientalista. Con l’eccezione di chi supporterà la candidata dei Verdi, Jill Stein (ferma al 3 per cento delle preferenze), gran parte dell’establishment ecologista americano sostiene la candidata democratica. A partire da Bill McKibben, fondatore di 350.org, che ha dichiarato in un articolo su The Nation, di “non apprezzare particolarmente Hillary […], ma che Trump come presidente sarebbe orrore puro”. Sarebbe, sostiene McKibben, “la fine di tutti gli sforzi compiuti, la demolizione di ogni risultato ottenuto dal mondo ambientalista” che ha saputo bloccare, grazie all’appoggio di Obama, il maxi oleodotto Keystone XL, rallentato l’espansione del fracking, sostenuto la firma dell’Accordo di Parigi.

Il miliardario Tom Steyer, noto per le sue posizioni ecologiste, ha sostenuto tramite il Superpac (una commissione politica scollegata da un candidato presidenziale che raccoglie fondi a suo supporto) NextGen climate action committee una campagna da oltre 80 milioni di dollari contro il candidato repubblicano. “NextGen lotta contro qualsiasi disastro climatico”, ha spiegato Steyer al magazine Fortune. “Dal nostro punto di vista, quello che facciano è perfettamente in linea con la nostra missione”. Un tema molto caro alla generazione dei Millennials, quello del clima, e decisivo in stati chiave come North Carolina e Arizona su cui i democratici hanno messo gli occhi da qualche settimana. Due stati che giocano un ruolo ben più importante degli “elettori del carbone” di Trump.

Negli ultimi sondaggi Clinton è in vantaggio, ma non si accontenta di vincere. Vuole sconfiggere Trump e tutto quello che rappresenta. Combustibili fossili inclusi.

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