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A Marina di Pisa è operativo un impianto che produce energia dalle onde del mare per produrre elettricità. Realizzato dalla toscana 40 South Energy, l’impianto è stato installato a fine 2015 e ora l’idea è di coinvolgere i cittadini con una campagna di crowdfunding.
Fonte di energia rinnovabile e pressoché inesauribile, da decenni si cerca di sfruttare il moto ondoso per produrre elettricità. Finalmente, anche grazie a un contributo italiano, i risultati si vedono. La società 40 South Energy, con una sede a Londra e una a Ospedaletto di Pisa, ha iniziato le ricerche nel 2005 e ha da poco concluso il periodo di test delle tecnologie entrando di fatto nella fase commerciale e lanciando anche un crowdfunding. Caratterizzate da una grande versatilità, le soluzioni ideate possono essere implementate pressoché in ogni condizione. Ospite al Wired Next Fest a Milano Michele Grassi, amministratore delegato della società, ci spiega il suo progetto.
Michele Grassi, ci dica quali vantaggi offrono le onde rispetto alle altre fonti di energia rinnovabile.
La caratteristica delle onde è che sono buone un po’ dappertutto: la maggior parte dei luoghi sono adatti per alimentare un impianto energetico. Al contrario, invece, l’energia del vento o quella delle maree si possono sfruttare solo in determinati posti. Inoltre le onde producono energia in modo più continuo, sono più frequenti del vento, per esempio, e l’efficienza dei nostri impianti è molto alta, il doppio rispetto ad un pannello solare. Soprattutto, i nostri sistemi sono di semplice installazione e smantellamento e possono essere portati a terra per la manutenzione. Il nostro primo modulo è stato posizionato in sole tre ore. Se pensiamo alle pale eoliche hanno un impatto ben diverso, oltre che in termini paesaggistici, anche di installazione e disinstallazione.
Come mai se è così efficiente questa tecnologia non è ancora stata adottata su larga scala?
L’energia delle onde è presente in quantità enormi ma è difficile da sfruttare, anche perché l’acqua ha una densità pari a 1000 volte quella dell’aria, e l’energia che genera è davvero distruttiva. Noi abbiamo trovato un approccio innovativo, decidendo di concentrarci sul fondo marino, dove è vero che l’energia è presente in quantità minore, ma questo è sicuramente più che bilanciato dalla riduzione di urti e quindi di danni agli impianti. Abbiamo rinunciato a posizionare i nostri dispositivi sulla superficie del mare, dove in caso di tempeste i materiali sono sottoposti a uno stress troppo elevato.
Ci spiega come funziona la vostra macchina per basse profondità, H24?
L’impianto è pensato per stare al massimo a 12 metri, ed è composto da uno o più moduli appoggiati sul fondo marino. Ogni modulo è costituito da una guida, lunga circa 24 metri, su cui è montata una componente mobile che viene spostata avanti e indietro dalle onde. Questo movimento viene trasformato in energia da un sistema elettromeccanico impiantato a bordo della macchina. Un accumulatore permette poi un’uscita stabile dell’energia. In particolare H24 sfrutta anche il moto delle maree, ma principalmente viene alimentato dalle onde.
La tecnologia ha un impatto ambientale trascurabile: non si vede e non è pericoloso per la flora marina che vi si dovesse avvicinare e non intralcia la navigazione, solo eventualmente la pesca a strascico.
L’H24 è anche la macchina installata in Italia. Che cosa c’è al largo di Marina di Pisa?
Sì, il parco energetico di Marina di Pisa, installato a novembre 2015, è composto da quattro moduli e produce 50 chilowatt che vengono immessi nella rete elettrica. Come termine di riferimento l’energia prodotta è sufficiente per alimentare in media 40 famiglie.
I moduli sono posizionati a circa sette metri di profondità, a una distanza di 200 metri dalla costa e sono collegati a terra con dei cavi completamente interrati.
“First waves on the H24-50 wave energy converter!” by @mathclicklondon on @LinkedIn https://t.co/OYzdAGIwDb
— Michele Grassi (@mathclicklondon) January 4, 2016
E per i fondali più profondi?
Dai 50 metri in poi utilizziamo R115 un sistema formato da due parti posizionate a profondità diverse e collegate con 8 “zampe” come un ragno. Anche questo prototipo ha concluso con successo la fase sperimentale, nel 2014 l’abbiamo testato al largo di Castiglioncello, sempre in Toscana. Siamo ora in grado di operare praticamente in tutte le condizioni.
Che progetti avete ora, visto che potete potenzialmente lavorare in ogni angolo di mare?
Questo per noi è in un momento di svolta: abbiamo concluso il periodo di test e ci stiamo affacciando sul mercato italiano e internazionale; stiamo già attivando una serie di contatti commerciali anche con grandi utility. A Marina di Pisa stiamo anche per far partire una campagna di crowdfunding per realizzare un sistema organico di gestione dell’energia dalla produzione al consumo: un impianto di microgrid integrato che includa tra l’altro anche colonnine di ricarica per auto elettriche.
Come vede il futuro delle energie rinnovabili?
A mio parere andiamo verso micro grid locali, interconnesse in rete. Sistemi integrati, alimentati da un mix di fonti rinnovabili che saranno specifiche rispetto al luogo in cui ci troviamo, perché le rinnovabili sono fortemente legate al territorio.
In tutto questo il consumatore finale ha una forte responsabilità, che deriva dal suo potere di acquisto e dalla possibilità di scegliere. Per questo è importante il crowdfunding , perché crediamo che dando alle persone la proprietà dell’impianto, queste saranno molto più consapevoli e sensibili: sapranno qual è il bilancio, dove va l’energia e quanto vale.
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