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Platone, nel “Gorgia”, ricorre ad alcune esemplari metafore per spiegare che vera vita non è quella legata ai piaceri del corpo
Il ” Gorgia ” (puoi leggerlo tutto cliccando qui) rappresenta senza dubbio una delle opere platoniche concettualmente più dense e ricche di miti escatologici e raffinati giochi metaforici.
Nell’epoca del consumismo, del “tutto e subito”, la filosofia platonica riemerge in tutta la sua attualità con un messaggio davvero stupendo. Callicle, emblema dell’uomo dissoluto, incapace strutturalmente di esercitare la temperanza e il dominio interiore sulle passioni, rimprovera a Socrate, emblema della virtù e della moderazione, di condurre una vita simile “alle pietre e ai morti”, perché, colui che rinuncia ai piaceri della vita, è come se fosse già morto. Ma ecco la risposta di Socrate: “Chi può sapere se il vivere non sia morire e se il morire non sia un vivere? Anche noi, in realtà, forse siamo già morti. Io ho già sentito dire, infatti, anche da sapienti, che noi, ora, siamo morti e che il corpo è per noi una tomba, e che questa parte dell’anima in cui si trovano le passioni è tale da cedere alle seduzioni, e da mutare facilmente direzione in su e giù.”
Platone mette in bocca a Socrate la nota affermazione di Euripide sul paradosso vita-morte, proprio ad indicare che la vera vita non è quella legata ai piaceri del corpo, bensì alle virtù, alla temperanza e all’immaterialità dell’anima.
Questo concetto è ulteriormente precisato paragonando l’anima “consumistica” ad “un orcio forato”: la vita del temperante è simile a colui che ha molti orci, riempiti una volta per tutte di “liquidi” preziosi (miele, latte…), e, quindi, non più bisognosi di altro; l’uomo dissoluto, invece, può sì procurarsi i liquidi, ma i suoi orci sono bucati, e, di conseguenza, è costretto a riempirli di continuo.
In definitiva, se è vero che la contrapposizione – il dualismo – platonica tra anima e corpo risulta forse troppo esasperata, è altrettanto vero che il messaggio del “Gorgia” conserva tutta la sua forza e la sua attualità: uomo ingabbiato nella civiltà dei consumi, abitua la tua anima alla “giusta misura”, all’autodominio, all’armonia interiore, in modo tale che anche i piaceri del corpo possano essere veramente assaporati, senza quella dissoluta voracità che ti impedisce di coniugare in modo autentico piacere fisico e piacere spirituale!
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