Accordo in Senato: a decidere non sarebbe il paziente, ma un “Comitato etico”. Ma spunta una controproposta popolare che punta all’eutanasia legale.
- Al Senato a luglio si discuterà una proposta di legge ben lontana dal consentire ai malati terminali di ricorrere al suicidio assistito: l’ultima parola spetterà a un Comitato etico, nominato dal governo.
- Nel testo si legge anche che “la Repubblica assicura la tutela della persona, dal concepimento alla morte naturale”: per qualcuno, un attacco al diritto all’aborto.
- L’Associazione Luca Coscioni lancia una raccolta firma per una legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale.
Un grande passo per il Parlamento, un passo indietro per l’umanità. Attesa ormai da molti anni, sembra stia finalmente maturando un’intesa politica su una proposta di legge che regolamenti il cosiddetto fine vita, ossia la possibilità per un malato terminale di porre volontariamente fine alle proprie sofferenze con il supporto di una struttura medica. Peccato che tale proposta sul fine vita, frutto dell’accordo tra i partiti della maggioranza conservatrice e cattolica, non sia affatto coraggiosa e innovativa, e che appaia ben lontana per esempio dalle possibilità offerte dalla legge regionale approvata dalla Toscana, l’unica al momento in vigore. Ma questo è il minimo, perché in molti vi vedono perfino un tentativo di minare il diritto all’aborto.
Fine vita, l’ultima parola a un Comitato Etico
Il cuore della proposta è l’introduzione di un Comitato nazionale di valutazione etica, incaricato di esaminare le richieste dei pazienti e decidere caso per caso chi possa o meno accedere a questa possibilità. Insomma: se questa legge entrasse in vigore, non sarebbe affatto garantito il diritto del cittadino di scegliere di morire.
Secondo quanto previsto dalla bozza, il Comitato sarà composto da sette membri: un giurista, un bioeticista, un anestesista-rianimatore, un medico palliativista, uno psichiatra, uno psicologo e un infermiere. E la nomina potrebbe spettare direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri, che designerà anche presidente, vicepresidente e segretario dell’organo. I membri resteranno in carica per cinque anni, rinnovabili per un massimo di tre mandati.
Il Comitato avrebbe 60 giorni di tempo per valutare ogni richiesta (la legge della Toscana ne prevede 20) con possibilità di estensione a 120 giorni nei casi particolarmente complessi, ad esempio, per patologie rare o condizioni cliniche eccezionali. Si punta così a introdurre criteri uniformi a livello nazionale, in sostituzione dell’attuale situazione a macchia di leopardo, in cui ogni Regione interpreta le sentenze della Corte Costituzionale in modo autonomo. Le grandi criticità però nascono dal fatto che di fatto a decidere sulle sofferenze di una persona possa essere un organismo nominato direttamente dal governo, e non del Servizio sanitario nazionale, e che un’attesa che può durare anche 4 mesi sembra veramente eccessiva.
Per poter accedere alla morte assistita, il paziente dovrà essere maggiorenne, affetto da una patologia irreversibile e infausta, e sperimentare sofferenze fisiche o psicologiche ritenute insopportabili. È inoltre necessario che la persona sia dipendente da trattamenti vitali sostitutivi, in grado di intendere e volere. Fin qui, tutto più o meno come previsto dalla Corte Costituzionale. Inoltre però il paziente deve prima aver intrapreso un percorso di cure palliative obbligatorie. Proprio questo passaggio rappresenta uno dei punti più controversi: il testo prevede che nessuno possa fare richiesta senza prima essere passato attraverso il sistema delle cure palliative, che il governo intende potenziare fino a garantire una copertura del 90 per cneto della popolazione entro il 2028. Se la domanda del paziente viene ritenuta inammissibile, non sarà possibile ripresentarla per i successivi quattro anni. Una norma che, secondo i critici, rischia di aggiungere ulteriore sofferenza a chi è già in condizioni limite.
Ma l’altro punto che ha fatto drizzare le antenne a molti è ciò che si legge nella premessa stessa della bozza, ovvero che “la Repubblica assicura la tutela della persona, dal concepimento alla morte naturale”.
La controproposta popolare
Questo testo sul fine vita dovrebbe arrivare in aula al Senato il 17 luglio. Nel frattempo però l’Associazione Luca Coscioni, da sempre la più attiva su questo tema, ha lanciato una raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare finalizzata a legalizzare tutte le scelte di fine vita, inclusa l’eutanasia.
Questa proposta di legge prevede:
- la libertà di scelta tra autosomministrazione o somministrazione da parte di un medico;
- la presa in carico da parte del Servizio sanitario nazionale, con conclusione delle verifiche entro 30 giorni dalla richiesta;
- la possibilità per i medici di partecipare su base volontaria.
“Le persone con patologie irreversibili e sofferenze insopportabili hanno già diritto da sette anni a essere aiutate a morire senza soffrire in Italia grazie alla sentenza della Corte Costituzionale – ricorda Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni -. Ora il Governo vuole restringere e cancellare questo diritto eliminando il ruolo del Servizio sanitario nazionale. Noi invece proponiamo di estendere il diritto ad essere aiutati anche da parte di un medico e anche per le persone che non siano dipendenti da trattamenti sanitari come i malati terminali di cancro”, che oggi sono esclusi.
Il tema è lo stesso, l’impostazione completamente diversa: vedremo se la spunterà la visione popolare o quella dei palazzi.
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