Jean Guitton e il falso silenzio

Secondo Jean Guitton è necessario tacere su alcuni aspetti della nostra esistenza. MA anche il silenzio rischia di essere una menzogna

Uno dei pensatori di spicco del Novecento, Jean Guitton, così ci ammonisce:

“Sull’essenziale, in tutti i campi, si fa silenzio. È indubbiamente una necessità tacere sull’essenza: con estremo pudore si rispetta la zona dell’ineffabile, del “non detto”. Per dei motivi di pace, di carità, e talvolta a causa dell’impotenza di ogni linguaggio, si onora l’essenziale con il silenzio. Nelle famiglie più unite, negli amori più teneri ci sono degli argomenti di cui non bisogna parlare. Allo stesso modo il silenzio sulla morte è per l’essere pensante una condizione di sicurezza e di vita.

Ma arriva un momento in cui questo silenzio sull’essenziale non può più essere mantenuto senza obliterare il dovere della sincerità e della verità e senza mettere in pericolo l’essenziale stesso. Allora si capisce che quel rispetto così vivo dell’uomo per l’uomo, chiamato giustamente “rispetto umano” e che consiglia di tacere sulle essenze, non può essere conservato senza cattiva coscienza”

 Jean Guitton in una foto di 1991. (foto Marc GANTIER/Gamma-Rapho via Getty Images)
Jean Guitton in una foto di 1991. (foto Marc GANTIER/Gamma-Rapho via Getty Images)

Guitton si riferisce in modo particolare al silenzio su Dio, sull’Assoluto; le sue riflessioni, tuttavia, valgono anche in un contesto meno specifico. La nostra civiltà si delinea sempre più come immagine, visibilità, azione mirata al conseguimento dell’utile particolare, efficienza e produttivismo; contano sempre di più le grammatiche dell’agire efficiente e produttivo e sempre meno le grammatiche del pensare con le connesse visioni sulla realtà totale e l’elaborazione di principi generali, di idee forti.

Gli interrogativi di fondo dell’esistenza, dalla ricerca sul sacro all’etica, dalle costruzioni filosofiche sulla totalità ai vissuti quotidiani che acquistino un senso alla luce di principi-guida il più universali possibili, richiedono risposte, per quanto necessariamente e umanamente monche, contingenti, e non silenzi falsi, indifferenti o vigliacchi: tacere sull’essenziale, appunto sulle domande ultime, significa non solo paralisi del pensiero, ma anche rinuncia al duro, lacerante, faticoso confronto con la vita, quella vissuta tutti i giorni sul campo e resa più vera proprio perché sviscerata -ripeto, per quanto la nostra condizione mortale ci permette- nella sua essenza.

In una civiltà fin troppo “ciarliera”, occorre, allora, riguadagnare il silenzio sul superfluo, o, almeno, il giusto distacco, e la forza della parola e della testimonianza “carnale”, quotidiana sui principi ultimi del nostro vivere.

Lettura consigliata sul tema è il libro di  J. Guitton: Silenzio sull’essenziale, Paoline, 2002. Il libro contiene le riflessioni sull’Assoluto di un grande maestro del Novecento; una lettura consigliata a tutti, credenti e non credenti.

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