
Una rovere di quasi mille anni, cresciuta resistendo alle intemperie, è la testimone che servirà per capire come è cambiato e cambierà il clima nel bacino del Mediterraneo.
Negli ultimi 50 anni l’intervento dell’uomo sull’ambiente e la sua costante espansione hanno ridotto la biodiversità, frammentando habitat ed estinguendo specie.
Una delle cause principali di questo aumento vertiginoso del nostro
impatto ambientale è certamente l’aumento dei membri della
specie umana che negli ultimi centocinquant’anni è passato
da 950.000.000 a circa 6.000.000.000, dato che il pianeta non si
è allargato compatibilmente alla nostra crescita numerica
abbiamo a poco a poco occupato aree dove migliaia di altre specie
vivevano indisturbate, cacciandole lentamente.
La maggior parte delle specie vive in un proprio habitat e si
adatta a questo. Le prime a risentire dei cambiamenti sono
innanzitutto le specie che vivono in aree geografiche limitate
(specie endemiche) e le specie di grosse dimensioni.
Le specie endemiche possono sopravvivere solo alle condizioni
fisico-chimico-biologiche del loro ambiente. Per esempio: dal
momento che in un area occupata dalla lontra europea hanno arato il
terreno, abbattuto gli alberi, costruito laghetti artificiali e
sparso qualche tonnellate di pesticidi per favorire la crescita del
grano, la lontra ha pensato bene di andarsene; quando il suo
territorio è stato interamente occupato dalle
attività umane la lontra è scomparsa dal nostro
paese.
Le specie grosse poi sono generalmente molto lente nel rispondere
ai mutamenti ambientali al contrario di quelle più piccole
(non è un caso che 70 milioni di anni fa i grossi e adattati
dinosauri siano scomparsi, mentre i rettili più piccoli no,
oppure che gli scarafaggi siano rimasti oggi così come erano
300 milioni di anni fa).
Questi nuovi ecosistemi, formatisi per la frammentazione di altri
più grossi, infatti sono composti in prevalenza da specie
piccole, con alto tasso riproduttivo, alta capacità di
adattamento e ciclo di vita relativamente breve.
Queste specie sono definite “opportuniste”, perché esse
utilizzano ogni minimo spazio vitale, ogni risorsa sfruttabile.
Potremmo quindi supporre che, continuando così, abiteremo un
pianeta popolato da uomini, zanzare, scorpioni, cavallette,
serpenti, scarafaggi e piccioni…
Una rovere di quasi mille anni, cresciuta resistendo alle intemperie, è la testimone che servirà per capire come è cambiato e cambierà il clima nel bacino del Mediterraneo.
Il biologo canadese, scomparso all’età di 85 anni, è stato tra i primi a comprendere il nesso tra il declino del falco pellegrino negli Stati Uniti e l’uso di pesticidi.
Uno studio pubblicato su Science dimostra la relazione tra l’utilizzo di pesticidi neonicotinoidi e il declino delle popolazioni di uccelli che sta interessando l’Europa.
Il Piano per la biodiversità approvato dalla Commissione europea prevede di coltivare il 25 per cento delle superfici agricole con metodo bio.
Dal bosco manzoniano alla foresta edibile, il Parco Nord di Milano sta cambiando volto, mostrando un altro volto della forestazione urbana.
La Giornata della natura del 3 marzo è dedicata alla tutela di tutte le specie animali e vegetali selvatiche, componenti chiave della biodiversità mondiale.
Una spedizione nel parco nazionale Ulu Temburong nel Brunei ha scoperto una nuova specie, chiamandola Craspedotropis gretathunbergae, in onore dell’attivista svedese.
Senza le dune non esisterebbero nemmeno le spiagge. Ecco perché il progetto europeo Redune sta tentando di salvare parte della fascia litorale veneta, mettendo a dimora oltre 150mila piante.
Il destino dell’umanità è strettamente legato alla varietà della vita sulla terra, in grado di fornire sostentamento e servizi alla nostra specie, e di rallegrarci l’esistenza.