
La mancanza di dati ufficiali è un problema per il controllo del mercato legale di animali, soprattutto per le catture di quelli selvatici.
Il biologo canadese, scomparso all’età di 85 anni, è stato tra i primi a comprendere il nesso tra il declino del falco pellegrino negli Stati Uniti e l’uso di pesticidi.
Se oggi possiamo ammirare le strabilianti acrobazie aeree del falco pellegrino (Falco peregrinus), in grado di superare l’irreale velocità di 320 chilometri orari in picchiata, è merito (anche) di Richard Fyfe.
Fyfe, morto all’età di 85 anni dopo una lunga battaglia con la polmonite, era un biologo canadese che ha dedicato la propria vita alla salvaguardia del falco pellegrino. Lo scienziato è stato uno degli artefici del salvataggio di questo rapace dall’estinzione. Fyfe ha infatti compreso il legame tra il drastico crollo delle popolazioni di falco pellegrino e l’ascesa dei pesticidi, in particolare il Ddt.
La pericolosità dei composti chimici di sintesi, come appunto il Ddt, per la salute degli organismi viventi fu denunciata per la prima volta da Rachel Carson nel 1962, nel suo seminale libro Primavera silenziosa. Secondo l’autrice il Ddt era responsabile delle gravi disfunzioni registrate nella riproduzione in diverse specie di uccelli. Tra queste il falco pellegrino, le cui popolazioni americane ed europee erano in netto declino nelle aree in cui l’uso del pesticida era più intenso. Il Ddt poteva avvelenare mortalmente l’animale, danneggiarne l’apparato riproduttivo o, in quantità minori, causare un assottigliamento del guscio delle uova a causa della carenza di calcio, con conseguente frattura delle uova durante l’incubazione.
Il falco pellegrino ha risentito più di altre specie di questi pesticidi per il fenomeno del bioaccumulo. Trovandosi il rapace al vertice della catena alimentare si nutriva infatti di uccelli e insetti che a loro volta avevano ingerito il Ddt che, non vendendo escreto, si accumulava sempre più. I predatori sono dunque le specie più minacciate dai pesticidi. Negli anni Cinquanta in Europa occidentale e in America settentrionale le popolazioni di falco pellegrino subirono un’allarmante diminuzione e in alcune zone scomparvero definitivamente.
Dopo aver compreso la causa del declino dei falchi e temendo per il loro futuro, Fyfe ha chiesto ai dirigenti della Federal-provincial wildlife conference il permesso per avviare un programma di allevamento. Il biologo aveva già esperienza di allevamento di falchi e fu ritenuto la persona giusta per coordinare il progetto. Fyfe, con l’aiuto di qualche collaboratore, prelevò i pulcini delle ultime coppie di falco presenti in natura e li trasferì nella sua proprietà a Fort Saskatchewan, in Alberta, fin quando non fu allestita nel 1973 un’apposita struttura presso la base delle Forze canadesi di Wainwright.
Inizialmente il programma di allevamento fu visto con sospetto, alcuni scienziati erano contrari alle condizioni di cattività imposte ai falchi mentre altri ritenevano improbabile che i giovani allevati sarebbero stati in grado di sopravvivere in natura una volta liberati. Il piano riscosse invece un grande successo e Fyfe e il suo team furono i primi a vedere falchi allevati tornare in natura e diventare genitori. Il progetto ha portato alla reintroduzione di falchi pellegrini in aree dove erano ormai scomparsi. Quando la struttura di Wainwright chiuse, nel 1996, Fyfe aveva allevato e reintrodotto oltre 1.500 falchi pellegrini. La specie venne tolta dall’elenco delle specie minacciate di estinzione tre anni dopo. Nel 2000 Fyfe, in virtù del ruolo nella conservazione del falco pellegrino, è stato insignito del titolo di membro dell’Ordine del Canada, la più alta onorificenza concessa dal Paese.
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