Si tratta del pesce tilapia dal mento nero. Il governo tailandese ha stimato una spesa di oltre 265 milioni di euro per contrastarne la diffusione.
L’impatto dei cambiamenti climatici sul letargo
Le temperature sempre più calde di questo autunno stanno scombussolando le tempistiche, e non solo, del letargo degli animali. Vediamo alcuni esempi.
Dubbi su quando fare il cambio dell’armadio? È ancora troppo presto per il cappotto o è già troppo tardi per la maglietta a maniche corte? Queste incognite non ci fanno dormire la notte, forse perché ronzano ancora un po’ troppo le zanzare. Guardiamo però da un atro punto di vista. Proviamo ad immaginare le diverse specie animali che in questo periodo si apprestano ad andare in letargo. Una scelta non per capire come vestirsi per fare l’aperitivo, ma una scelta fondamentale per sopravvivere all’inverno. Queste temperature anomale, causate dai cambiamenti climatici, stanno influenzando notevolmente le dinamiche di vita di gran parte delle specie animali, sia negativamente che positivamente.
Che cos’è il letargo?
Tra le specie più suscettibili a questi cambiamenti troviamo quelle che ibernano, o più semplicemente vanno in letargo. L’ibernazione è una strategia energetica che permette all’animale di ridurre i suoi costi metabolici, quindi di risparmiare energie, per affrontare i periodi con temperature rigide e scarsità di cibo. Non si può parlare solo di inverno e di freddo, poiché è stato dimostrato che alcune specie ibernano anche quando il clima è troppo arido e secco e il cibo scarseggia. In questo caso prende il nome di estivazione.
Il letargo non è un sonno profondo come siamo portati a pensare. È uno stato di quiescenza in cui si riducono al minimo le attività vitali: si abbassa la temperatura corporea, si rallentano la respirazione e il battito cardiaco e si riduce il metabolismo. Questa strategia viene è noto essere utilizzata da circa duecento specie di animali. E, a quanto pare, nel corso della storia ha contribuito alla sopravvivenza e a una durata maggiore della vita di queste specie.
Come le alte temperature influenzano il letargo
Tra le principali attività che compiono gli animali per prepararsi al letargo c’è l’accumulo di grandi quantità di cibo. Una bella scorta di risorse, quando ancora sono abbondanti, per poterle usare durante l’ibernazione. Ad esempio, il chirogaleo dalla coda grossa (Cheirogaleus medius), che ha un’ibernazione che può durare fino a sei mesi, si rimpinza di cibo che accumula sotto forma di grasso nella coda. Oppure, ad esempio gli scoiattoli, raccolgono ghiande e noci, e le nascondono in un posto sicuro – vi ricordate il piccolo Scrat dell’Era Glaciale, come difendeva la sua ghianda?
Tuttavia, le calde – fin troppo – estati possono portare siccità e mancanza di risorse. Così gli animali non riescono ad immagazzinare abbastanza riserve per sopravvivere al letargo invernale. Non è solo una questione di scorte per l’inverno. È stato già osservato diverse volte che orsi e scoiattoli, ad esempio, man mano che le temperature invernali diventano più miti, anticipano il loro risveglio. Svegliarsi in anticipo significa svegliarsi in un ambiente nel quale le risorse alimentari non sono ancora presenti, in cui bisogna competere con altre specie o direttamente con i predatori. Inverni miti possono inoltre favorire il verificarsi di forti gelate posticipate. Altre volte, le temperature più calde addirittura non hanno fatto andare in letargo alcune specie di scoiattoli. Queste situazioni si possono definire come “trappole climatiche”, in cui al risveglio ci si ritrova in un ambiente sfavorevole per la sopravvivenza.
Gli impatti dipendono anche dalle caratteristiche di ogni singola specie. Ad esempio, i pipistrelli possono essere meno influenzati dai cambi di temperatura perché possono risvegliarsi durante l’ibernazione e cambiare zona all’interno della caverna. Un altro esempio, gli individui più giovani possono subire maggiormente gli impatti degli sbalzi di temperatura rispetto agli individui più anziani, per diversi motivi come l’inesperienza o le dimensioni più ridotte. Anche la struttura della popolazione è un’altra variabile importante. Un gruppo sociale può migliorare l’efficienza energetica (scaldarsi) durante il letargo rispetto ad un individuo solitario.
Ecco alcuni esempi
In uno studio sono stati monitorati nove individui di scoiattolo striato Tamias striatus. Tra tutti e nove un solo scoiattolo è andato in letargo. Il risultato? Alla fine dell’inverno sono praticamente morti tutti gli otto rimasti attivi. Lo scoiattolo di terra colombiano (Urocitellus columbianus) che vive vicino alle Rocky Mountains, in America, a causa delle nevicate primaverili ha iniziato a svegliarsi sempre più tardi. Così si è ristretto il tempo per accumulare le risorse in vista del successivo letargo. Questo è risultato in una diminuzione del tasso di sopravvivenza delle femmine del 20 per cento nel corso degli ultimi vent’anni. Lo scoiattolo di terra delle Piute (Urocitellus mollis) ha invece iniziato ad estivare molto prima in estate a causa della siccità. Con il continuo aumentare delle temperature probabilmente allungherà il periodo di ibernazione, e non saranno molto contenti i rapaci che si nutrono di questo scoiattolo.
Passando a mammiferi più grandi, nella marmotta delle alpi (Marmota marmota) è migliorato notevolmente il successo riproduttivo – quindi il numero di figli – favorito dal clima più caldo. Il problema è che le risorse non sono sufficienti per tutti. Così durante l’inverno si è assistito ad un drastico calo demografico, perché i piccoli non hanno superato l’inverno. Anche il letargo degli orsi, come quello dell’orso nero (Ursus americanus), è influenzato dalle temperature più calde in inverno. Da una recente ricerca è emerso che per ogni grado in più nella temperatura minima invernale, gli orsi ritardano di 2.3 giorni il letargo. I ritardi nell’ibernazione, o i risvegli troppo anticipati, possono spingere gli orsi verso i centri abitati alla ricerca di cibo. L’aumento dei conflitti con l’uomo non gioverebbe alla salute degli orsi, poiché potrebbe far aumentare il numero delle uccisioni.
Anche i rettili stanno affrontando questi cambiamenti. Ad esempio, il marasso (Vipera berus), che a causa delle temperature favorevoli anticipa l’uscita dall’ibernazione, deve far fronte alle forti gelate di fine stagione. Queste possono provocare la morte diretta per congelamento, oppure non sopperire le richieste energetiche per ristabilire le funzioni fisiologiche dopo il letargo.
Chi non patisce gli inverni brevi e meno freddi è il rospo comune (Bufo bufo). È stato infatti osservato che in queste condizioni i rospi riescono a superare al meglio il periodo di ibernazione, aumentando notevolmente i loro tassi di sopravvivenza. Tuttavia, a farne le spese sono i rospi smeraldini (Bufo viridis) che, oltre a superare l’inverno, devono competere con i rospi comuni, con i quali condividono sia l’habitat che le risorse.
A causa delle gelate di fine stagione il rischio è di rimanere bloccati in trappole climatiche ©Guillaume Caillon/wikimedia CommonsTra gli insetti la Brintesia circe, una delle farfalle diurne più grandi d’Europa, che solitamente ha un solo picco di attività tra giugno e settembre, nelle ultime torride estati ha fatto registrare due picchi di attività separati da un periodo di inattività. Secondo gli scienziati questo è stato probabilmente un periodo di estivazione nell’attesa che le temperature si abbassassero. Infine, come non citare le zanzare. Ci pungono tutta l’estate. È quando arriva l’inverno e pensiamo di essercene liberati, ritornano. O meglio, restano. Proprio il caldo – poiché solitamente da sotto i 20° diminuiscono la loro attività – e la presenza di nuove specie più resistenti al freddo, non ci farà dormire sonni tranquilli. Zzz.
Come andrà a finire
Non c’è una risposta univoca. Tutte queste variabili e tutti questi esempi ci fanno capire quanto sia difficile comprendere i reali effetti che sta avendo il cambiamento climatico sulle specie che ibernano. Ogni specie è parte integrante di una rete ambientale molto complessa, influenzabile da tantissimi fattori. Alcuni particolarmente dannosi, altri al contrario favorevoli. Non è da escludere che in futuro potremmo vedere altre specie incominciare ad andare in letargo. Magari anche la nostra, dato che di ibernazione umana si sente già parlare. Fantascienza? Forse. Intanto cerchiamo di capire cosa indossare.
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