I numeri del mercato legale di animali sono preoccupanti

La mancanza di dati ufficiali è un problema per il controllo del mercato legale di animali, soprattutto per le catture di quelli selvatici.

  • Il commercio legale è esteso ma poco controllato
  • Il problema principale sono le catture di fauna selvatica
  • Con un monitoraggio più preciso si potranno capire gli impatti reali del commercio legale

No non c’è nessun errore nel titolo. Siamo abituati ad associare il mercato degli animali ai traffici illegali di specie e/o parti di esse. Quello che però non viene spesso menzionato è il mercato legale che coinvolge gli animali selvatici ed è un traffico silenzioso ma incredibilmente esteso. Ad esempio, negli Stati Uniti, uno dei maggiori importatori di animali selvatici al mondo, negli ultimi 22 anni sono stati importati quasi 2,85 miliardi di animali, quasi 30mila specie.

Senza dati certi il commercio legale non può essere controllato

Lo sfruttamento eccessivo della fauna selvatica è una delle più grandi minacce per la sopravvivenza delle specie. Secondo un recente studio pubblicato su Pnas, realizzato sull’analisi di 22 anni di dati, il commercio legalizzato della fauna ha raggiunto numeri incredibili, ma ciò che preoccupa maggiormente è che i dati reali del commercio, quando presenti, sono frammentati e incompleti, ostacolando così la capacità di valutare gli effettivi impatti per l’adozione di politiche mirate.

Alcuni degli animali commercializzati diventano animali domestici come rettili, ragni, pesci pagliaccio, scimpanzé e persino tigri. Migliaia finiscono negli zoo e negli acquari, dove purtroppo molte delle specie esposte vengono prelevate direttamente dalla natura. La ricerca medica che utilizza macachi ne importa fino a 40mila ogni anno, e così il commercio della moda importa circa 1-2 milioni di pelli di coccodrillo all’anno.

Il maggior numero di specie importate sono uccelli: ogni anno vengono importate 4.985 specie diverse, guidate dall’anatra muschiata (Cairina moschata), con oltre 6 milioni di importazioni. Seguono i rettili, con 3.048 specie, principalmente iguane e pitoni reali (Python regius). I mammiferi più commercializzati sono i visoni, circa 48 milioni ogni anno, con il 2,8 per cento catturati in natura e il resto allevati. Il commercio può rappresentare un rischio particolare quando le specie sono già rare o hanno areali ridotti. Nei luoghi in cui sono stati condotti studi, le popolazioni selvatiche delle specie commercializzate sono diminuite in media del 62 per cento nei periodi monitorati.

I numeri del mercato legale
Il numero delle specie di animali commercializzate legalmente ©Pnas/Benjamin Marshall, et al., 2024

Gli Stati Uniti sono uno dei pochi paesi ad avere un database completo (quasi)

Per la maggior parte delle specie coinvolte nel mercato legale di fauna selvatica i dati non sono neanche presenti. L’unico strumento che permette la valutazione del commercio delle specie si basa sulla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (Cites), che monitora e regola il mercato legale internazionale di determinate specie per ridurre il rischio di sfruttamento eccessivo per le specie vulnerabili. Sebbene sia una preziosa fonte di dati, la Cites monitora solamente un sottoinsieme di specie e con molte limitazioni: ad esempio, non cataloga la maggior parte delle specie appartenenti a uccelli canori, rettili, anfibi, pesci e aracnidi e di conseguenza molte specie commercializzate rimangono senza documentazione.

L’assenza dei dati è una sfida critica per valutare il reale impatto del commercio di fauna selvatica sulla biodiversità e sugli sforzi di conservazione. Come anticipato, gli Stati Uniti sono tra i mercati più importanti ma sono anche uno dei pochi paesi che raccolgono e pubblicano i dati sulle importazioni di fauna per tutti i taxa in commercio. Al pari della Cites, il Lemis – Law enforcement management information system – dell’US fish and wildlife service, registra i volumi e le origini degli animali e delle piante selvatiche importati negli Stati Uniti. Sebbene contenga delle inesattezze (ad esempio, sottorappresenta il numero di specie a causa dell’aggregazione di dati su specie diverse) rimane uno dei database più completi. Contiene dati su sulla provenienza dichiarata della fauna selvatica (ad esempio, allevata in cattività, prelevata in natura), la quantità importata ed esportata e uno scopo commerciale più dettagliato.

Le normative statunitensi sull’importazione ed esportazione di fauna selvatica per specie non Cites sono restrittive, soprattutto rispetto ad altri mercati, come quelli dell’Unione Europea. Le restrizioni più severe all’interno degli Stati Uniti sono in parte dovute al Lacey Act, che proibisce l’importazione di fauna selvatica raccolta illegalmente, oltre alle restrizioni ai sensi dell’US Endangered species act, dell’US marine mammal protection act e dell’US wild bird conservation act.

visone
I mammiferi più commercializzati sono i visoni ©equanimal/Flickr

Il problema principale sono le catture e il commercio di fauna selvatica

Le specie commercializzate possono provenire dagli allevamenti. Ciò che si legge nella ricerca è che negli Stati Uniti, quasi la metà delle specie in commercio sono specie selvatiche. Catturare animali selvatici e rivenderli è un’importante fonte di reddito per le comunità rurali, specialmente in Africa. Tuttavia, le specie selvatiche importate sono quelle con il più alto rischio di diffusione di malattie e parassiti e di diventare specie invasive. L’allevamento in cattività ha svolto un ruolo molto importante al fine di evitare o, quanto meno, ridurre l’impatto e la diffusione delle malattie sulle popolazioni selvatiche locali.

Ciononostante, oltre la metà degli animali dei gruppi di specie, come anfibi e mammiferi, proviene ancora dalla natura. Monitorare il mercato legale è di fondamentale importanza per la biodiversità, sia in termini ecologici che economici, ma anche sanitari. La fauna selvatica può trasmettere malattie sia agli altri animali che all’uomo. Le scimmie catturate in natura e importate possono essere portatrici di malattie particolarmente rischiose per l’uomo, così come i visoni. Le specie inoltre possono fuggire, o essere rilasciate in natura, causando miliardi di euro di danni, consumando e distruggendo la fauna e la flora autoctona.

Attualmente anche le piattaforme social stanno diventato un grande banco di vendita di specie animali, rendendo la raccolta dati ancora più difficile. La comprensione e il monitoraggio di questi dati sono l’unica soluzione per riuscire a stabilire obiettivi di gestione soprattutto delle specie selvatiche. Quote di cattura nei paesi di origine potrebbero aiutare a far diminuire, o almeno a controllare, gli impatti del commercio sulle specie selvatiche.

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