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Dopo una battaglia legale (in realtà ancora in corso) sui diritti musicali del catalogo della casa editrice musicale Acqua Azzurra, il liquidatore nominato dal Tribunale di Milano ha annunciato “l’estensione del mandato anche all’incasso dei diritti sul web” di dodici dischi a firma Lucio Battisti-Mogol.
A cinquant’anni dal suo primo 33 giri, dodici dischi a firma Battisti-Mogol – dal primo omonimo del 1969 a Una giornata uggiosa del 1980 – saranno presto disponibili sulle principali piattaforme di streaming musicale come Spotify, Deezer e Apple Music. Ad oggi, infatti, il catalogo di Lucio Battisti non è presente sul web, o meglio non è mai stato digitalizzato in modo ufficiale.
Secondo “fonti affidabili”, come citato dal Corriere della Sera, martedì scorso Gaetano Presti, liquidatore nominato dal Tribunale di Milano, avrebbe comunicato alla Siae “l’estensione del mandato anche all’incasso dei diritti sul web”. In poche parole, Battisti farà presto il suo ingresso formale (e attesissimo) nel mondo del digital.
Se oggi si ricerca il nome dell’artista, per esempio su Spotify, ciò che si trova sono cover – spesso neppure riuscite benissimo – o basi musicali per karaoke; o, peggio ancora, su YouTube, brani piratati dalla scarsa qualità audio.
L’estensione al web dei diritti degli album di Lucio Battisti può essere definita una decisione storica dal momento che arriva dopo anni di dibattiti e cause legali fra gli attuali detentori dei diritti musicali, nonché soci della casa editrice musicale Acqua Azzurra: la Universal (con il 35% del capitale), Mogol (il 9%) e gli eredi, la vedova Grazia Letizia Veronese (paroliera con il nome d’arte di Velezia nel disco E già del 1982) e il figlio Luca (il restante 56%). Questi ultimi si sono sempre opposti alla diffusione della musica di Battisti se non tramite supporto fisico, seguendo (pare) le ultime volontà dell’artista: nessuna canzone del grande paroliere italiano è mai stata utilizzata neppure per pubblicità e film.
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Nonostante la società Acqua Azzurra, fondata nel 1969, valga quattordici milioni di euro e guadagni ogni anno quasi novecento mila euro di diritti, si trova comunque in liquidazione (e invendibile) a causa delle interminabili cause legali e di un risarcimento milionario ottenuto da Mogol in seguito a una causa civile per contestare proprio la gestione “troppo conservativa” del catalogo.
Arrivati al tribunale delle imprese, Gaetano Maria Giovanni Presti, avvocato e docente di diritto all’Università Cattolica di Milano, è a tutti gli effetti colui che ha i pieni diritti decisionali (e di legge) “volti alla miglior liquidazione della società (…) senza necessità di autorizzazione alcuna dei soci”, con l’obbligo di salvaguardare il patrimonio della società.
Nel settembre 2018 era già apparsa su Spotify una playlist intitolata Il meglio di Lucio Battisti: sedici brani tratti da diversi album dell’artista. Molte testate giornalistiche ne avevano dato notizia, ma solo poche ore dopo avevano dovuto constatare che era l’ennesima compilation piratata, caricata senza alcuna autorizzazione. Non difficile da credere: la qualità dell’audio era molto scarsa e i testi presentavano errori di battitura. Fra i brani ascoltabili: “La collina deli ciliegi” e “Io te venderei”.
In questa occasione Mogol, intervistato da la Repubblica, aveva commentato così: “Io non ne so nulla, ma se fosse vero sarebbe una buona notizia. Sono canzoni che i giovani potrebbero ascoltare, sarebbe una fonte di conoscenza davvero importante. La cultura popolare e la musica sono nel cuore della cultura del nostro Paese e le canzoni che Lucio ha scritto con me in tanti anni meritano di essere ascoltate”.
A marzo 2018 è comparsa su Change.org anche una petizione lanciata da Ciao. Discoteca Italiana per sollecitare la messa online del catalogo di Lucio Battisti. Nella descrizione si legge: “La rete, capace di diffondere un’opera intellettuale al di fuori dei suoi confini temporali e geografici, è tuttora orfana di uno dei più importanti capitoli della storia musicale italiana, che rischia così di essere ignorato dalle nuove generazioni”.
Nonostante quelli derivanti dalle piattaforme di streaming musicale costituiscano oggi metà dei ricavi del mercato discografico, alcuni artisti hanno deciso di non inserire il proprio catalogo online o di inserirne solo una parte. Talvolta a causa di accordi di esclusiva sottoscritti con piattaforme di vendita di musica digitale, altre volte a causa di opinioni contrarie allo streaming online.
Per esempio, il catalogo dei Beatles è entrato nelle piattaforme di streaming solo nel 2015, dopo il raggiungimento di un accordo tra i detentori dei diritti e Spotify: precedentemente la musica dei Fab Four in formato digitale si poteva solo acquistare tramite iTunes.
Nel 2014 Taylor Swift, a una settimana dall’uscita del disco di grande successo 1989, decise di ritirare tutto il proprio catalogo dalle piattaforme di streaming online compreso Spotify (per poi tornarci solo nel 2017) in segno protesta contro le modalità di pagamento dei diritti d’autore: “La musica è arte e l’arte è importante e rara. E le cose importanti e preziose non dovrebbero essere gratuite”, così aveva dichiarato.
Anche Thom Yorke dei Radiohead ha negli anni duramente criticato il modello di business dello streaming online, nonostante la sua band sia stata una delle prime a credere nel digitale. Ancora recentemente ha avanzato perplessità riguardo ai ricavi per gli artisti derivati dalle piattaforme di streaming, nonostante l’intero catalogo dei Radiohead sia disponibile su Spotify dal 2016.
Uno degli ultimi grandi gruppi ad approdare su Spotify sono stati i King Crimson lo scorso giugno per festeggiare i cinquant’anni di carriera. Il manager della band prog ha spiegato così la decisione di entrare su Spotify dopo un così lungo tempo: “A differenza di quanto dice tutto il resto dell’industria, negli ultimi dieci anni le vendite delle copie fisiche dei King Crimson sono aumentate regolarmente. Per questo abbiamo aspettato a debuttare su Spotify. Alla fine, però, il nostro lavoro è rendere la musica disponibile a tutti. E Spotify è uno dei posti dove il pubblico, soprattutto i giovani, trova nuovi artisti”.
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