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A cinque anni di distanza dal suo primo successo letterario Just Kids, Patti Smith torna nelle librerie con M Train, il suo secondo libro di memorie.
Il nuovo libro di Patti Smith è uscito il 6 ottobre scorso: si chiama M Train e si presenta come il sequel di Just Kids, uscito nel 2010 e primo esperimento letterario della “sacerdotessa del rock”. A suo tempo, Just Kids fece un grande successo di critica ma anche di pubblico: oltre ad essere stato inserito nella lista di best seller dell’anno dal New York Times ed aver vinto il National Book Award 2010 nella sezioni saggi, con Just Kids la Smith era riuscita a descrivere talmente in profondità l’immaginario bohemien di una New York anni Settanta in pieno boom creativo che, a cinque anni di distanza dall’uscita, il libro diventerà presto una mini serie tv, prodotta dal canale televisivo statunitense Showtime.
M Train è molto diverso da Just Kids: nel nuovo libro Patti Smith parte dal presente e dalle sue abitudini quotidiane per agganciarsi alle sue memorie e ai suoi pensieri, dai più astratti ai più concreti, come la sua passione per le serie televisive. Un libro molto meno drammatico del precedente, ma sicuramente più saggio.
La Smith ci parla dello scorrere di una vita tutto sommato ordinaria: i ricordi semplici di quindici anni di matrimonio con il defunto marito Fred “Sonic” Smith, chitarrista degli MC5, l’acquisto della casa a New York Far Rockaway poco prima che la zona venisse devastata dall’uragano Sandy, i suoi gatti e il suo locale preferito, un piccolo bar del Greenwich Village di NYC.
La casa editrice ha descritto così il libro nell quarta di copertina:
M Train è un viaggio attraverso diciotto “stazioni”. Inizia nel minuscolo bar del Greenwich Village in cui la Smith va ogni mattina a prendere un caffè nero, pensare al mondo per quello che è e per quello che era, e scrivere sul suo quadernetto. Il viaggio continua, grazie a una prosa che passa fluidamente tra sogno e realtà, passato e presente, attraverso un paesaggio fatto di aspirazioni e ispirazioni creative (…) è la perdita, insieme alla consolazione che potremmo ricavarne, che sta al centro di questa autobiografia.
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