Marok, le metallare del Botswana contro ogni pregiudizio

In Botswana le donne Marok, regine dell’heavy metal, sfidano la società patriarcale che le discrimina e considera il metal una musica satanica.

Come ogni metallaro che si rispetti indossano giacche e pantaloni di pelle, cinture borchiate, bandane, magliette di Iron Maiden, Motorhead e AC/DC. Sono le Marok, ovvero rocker nella lingua tswana, donne appassionate di hard rock e heavy metal che sfidano le discriminazioni di genere della società patriarcale botswanese. La cultura tradizionale conservatrice del loro paese, infatti, non solo garantisce loro meno diritti rispetto agli uomini, ma percepisce anche la musica metal come satanica.

Il sudafricano Paul Shiakallis ha realizzato una serie di fotografie intitolata Leathered Skins, Unchained Hearts che ritrae le Marok nelle loro case nella capitale del Botswana, Gaborone. Un progetto complicato perché “il Marok è una sottocultura ancora molto nascosta”, racconta il fotografo alla piattaforma Norient. “Di giorno sono timide e diffidenti, vestono come tutte le altre donne. Si possono riconoscere solo di sera quando si sono cambiate o attraverso le loro foto sui social media”, spiega Shiakallis.

 

La Marok Phoenix Tonahs Slaughter ripresa di notte
Phoenix Tonahs Slaughter © Paul Shiakallis

 

Per le Marok, la musica metal è una forma eversiva di autoespressione che le aiuta ad accrescere la propria stima e determinazione. Anche per questo le queens, come si autodefiniscono, portano nomi suggestivi come Onalenna Angelovdarkness, Amokian Lordess e Phoenix Tonahs Slaughter. “Alcuni loro mariti e fidanzati erano così possessivi – spiega Shiakallis – che hanno impedito di fare le foto, altri non volevano che le loro donne fossero in presenza di maschi, specie se bianchi. Molti erano contrari al fatto che le loro compagne avessero lo stesso riconoscimento dei rocker”.

 

In Botswana la popolazione è molto credente e praticante, con il 90% della tv costituito da canali religiosi. Le regine sono tacciate dall’opinione pubblica come sataniste, ricevendo insulti di ogni tipo. “Un equivoco – conclude il fotografo – perché hanno una vita normale e loro stesse frequentano regolarmente la chiesa. Il Marok è piuttosto un credo di come la musica possa unire le persone ed essere un catalizzatore per il cambiamento”.

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