
L’Ipcc ha pubblicato l’ultimo avvertimento del decennio. E per fortuna, tanto non dice nulla di nuovo e non cambia nulla.
Jbs, la più grande azienda di carne al mondo, produce le emissioni di metano di Francia, Germania, Canada e Nuova Zelanda messe insieme.
I 15 produttori di carne e latticini più grandi del mondo producono più emissioni di metano di quanto prodotto da nazioni quali Russia, Canada e Australia.
A sostenerlo è un nuovo rapporto dell’Institute for agriculture and trade policy (Iatp), fondazione americana che, analizzando le emissioni di metano delle cinque società di carne e dei dieci caseifici più grandi del mondo, ha scoperto che esse equivalgono a oltre l’80 per cento dell’intera impronta di metano dell’Unione europea. Non solo, ma una manciata di aziende gestisce più dell’11 per cento del bestiame mondiale.
Il metano prodotto dalle vacche e dal loro letame è molto potente, essendo in grado di intrappolare il calore in atmosfera fino a 80 volte di più rispetto alla CO2. Ma i dati del rapporto sono stati stimati sulla base di informazioni disponibili pubblicamente e non forniti dalle aziende coinvolte, che non sono trasparenti su questo fronte, come ha fatto notare Iatp.
Il rapporto è arrivato mentre la Cop27 in Egitto volgeva al termine e dove politici e lobbisti non hanno preso impegni vincolanti per il clima. Se le 15 società fossero trattate come un paese, osserva il rapporto, rappresenterebbero la decima nazione al mondo per emissioni di gas serra, più delle emissioni combinate di compagnie petrolifere come ExxonMobil, BP e Shell.
Le emissioni di metano di Jbs, la più grande azienda di carne al mondo, superano di gran lunga tutte quelle delle altre società e più delle emissioni di bestiame combinate di Francia, Germania, Canada e Nuova Zelanda oppure, per usare un altro metodo di comparazione, il 55 per cento delle emissioni di metano degli Stati Uniti.
La seconda più grande azienda di carne al mondo, Tyson, produce tanto metano per bestiame quanto la Russia e Dairy Farmers of America produce quanto il Regno Unito. Quest’ultima ha risposto al Guardian che non si tratta di “comparare varietà di mele diverse” ma che si tratta “chiaramente di un tentativo di fare titoli sensazionalistici”.
Dairy Farmers of America ha aggiunto inoltre che “si sta impegnando a far parte delle soluzioni climatiche”. Ma come dimostrano i dati, le aziende hanno sede in 10 paesi diversi, 5 dei quali hanno aumentato le emissioni di metano da bestiame nell’ultimo decennio. Le emissioni di questo tipo della Cina, per esempio, sono aumentate del 17 per cento.
I governi, dal canto loro, dovrebbero fare la loro parte. Eppure, gli Stati Uniti si sono opposti alla regolamentazione delle emissioni di metano delle aziende agricole, scegliendo invece di offrire incentivi volontari agli agricoltori e alle aziende per ridurre i gas serra.
Il rapporto raccomanda di adottare riforme per ridurre le emissioni, riducendo allo stesso tempo il numero di animali per azienda. Le aziende dovrebbero anche essere più trasparenti nel fornire dati sulla produzione di metano.
Una soluzione utile sarebbe che le persone consumino meno carne e latticini. Ma secondo gli autori del rapporto potrebbe non bastare: oltre alla riduzione dei consumi, si dice nelle conclusioni, è necessario porre fine all’allevamento intensivo.
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L’Ipcc ha pubblicato l’ultimo avvertimento del decennio. E per fortuna, tanto non dice nulla di nuovo e non cambia nulla.
Gravità, urgenza e speranza sono le parole chiave dell’ultimo rapporto di sintesi dell’Ipcc, il gruppo di esperti sui cambiamenti climatici.
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