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Sono sempre di più in montagna i rifugi ecosostenibili che offrono confort, riparo ed efficienza rispettando i magnifici luoghi in cui si trovano. Scopriamo alcuni dei più belli in un tour ad alta quota.
Manca un mese all’inizio ufficiale dell’inverno ma in Italia, e non solo, la neve è già arrivata e con lei la voglia di andare in montagna. Punto fermo per gli appassionati dell’alta quota sono i rifugi che, sempre più spesso, sono ristrutturati o progettati ex novo da architetti che hanno a cuore l’ambiente e i luoghi dove si trovano. Nascono così rifugi ecosostenibili che si distinguono per efficienza, rispetto dell’ambiente e autosostenibilità. Vediamone alcuni tra i più suggestivi in Italia e all’estero.
In Italia ci sono rifugi che hanno cominciato dalla semplice raccolta differenziata, per poi estendere il loro impegno ad aspetti più vari. Infatti sono molti i livelli di ecosostenibilità che si possono raggiungere in una struttura situata in alta montagna; certamente è più difficile convertire in questo senso un rifugio già esistente, ma sono sempre di più i proprietari che lo fanno, così come gli studi di architettura che si cimentano in progetti del genere, spesso commissionati dalle stesse istituzioni.
Il Rifugio Grand Tournalin ha molte “eco caratteristiche”: situato a 2600 metri nella conca erbosa dell’Alpe Tournalin superiore, è un edificio di tre piani in rame e pietra. Costruito nel 1994, conta 45 posti letto pronti a ospitare escursionisti di ogni livello in stanze accoglienti arredate in legno dai 4 ai 9 posti letto. Negli ultimi anni, per una montagna più pulita e in un’ottica ecologica, i proprietari hanno apportato alcune modifiche alla struttura, come pannelli fotovoltaici per produrre energia elettrica, una termo-cucina a legna per l’acqua calda e uno spazio idoneo alla raccolta differenziata dei rifiuti.
Sin dalla forma sorprendente, il Bivacco Gervasutti è ancor più piccolo di un rifugio. Si trova sul Monte Bianco, sotto le pareti delle Grandes e Petites Jorasses nel comune di Courmayeur in Valle d’Aosta, a 2.835 metri di altezza, poggiato su uno spuntone di roccia. Sembra una grossa navicella spaziale adagiata sulla roccia, garantendo un impatto scenico notevole e soprattutto una vista mozzafiato dalla facciata frontale trasparente. È nato da un progetto dell’azienda Leap Factory, che si occupa di sviluppare costruzioni innovative ad alta quota, in sostituzione del rifugio in legno del 1948 intitolato all’alpinista torinese Giusto Gervasutti.
In circa 30 metri quadrati ci sono quattro ambienti: un ingresso, un locale per il pranzo, due camerate con 12 posti letto. Completamente a tenuta stagna (fornito di sistema per il riciclo dell’aria ed eliminazione dell’anidride carbonica), è dotato di pannelli solari sul tetto che generano l’energia sufficiente all’illuminazione interna e alle piastre per cucinare; ed è collegato con il mondo esterno grazie a un computer di bordo, connesso a internet via satellite che, oltre a servire agli utenti, rileva lo stato di funzionamento degli impianti e invia i dati ai manutentori.
Per trovare alloggi e rifugi ecosostenibili si può utilizzare il sito ecobnb.it che mette tra i criteri di ricerca, ad esempio: l’elettricità 100 per cento da fonti rinnovabili, pannelli solari per l’acqua calda, recupero e riuso delle acque.
La prima tappa all’estero, tra edifici architettonicamente stupefacenti, è in Svizzera, sul Monte Rosa al rifugio Monte Rosa Hutte, probabilmente la più complessa costruzione in legno della nazione. La sua forma è unica ed è caratterizzata da un rivestimento di lastre di alluminio che lo fa apparire come un cristallo. Grazie alla facciata sud ricoperta di collettori solari fotovoltaici e altri sensori termici, il rifugio copre il 90 per cento del suo fabbisogno energetico. La neve garantisce l’acqua solo per alcuni mesi all’anno, mentre per il restante fabbisogno è stato necessario scavare una grande cavità nella roccia che possa immagazzinare l’acqua. Un sistema di filtraggio complesso pulisce le acque reflue che vengono poi riutilizzate per i servizi igienici. Per raggiungere questo livello di autosufficienza è stato necessario creare una “gestione” dell’energia perfettamente controllata che ha richiesto, dal Politecnico federale di Zurigo, lo sviluppo di software specifici.
In una zona completamente diversa dalle Alpi svizzere si trova invece uno dei più spettacolari rifugi che si possano immaginare: siamo ad High Tatras, al confine tra Slovacchia e Polonia dove si trova una costruzione che somiglia a un cubetto (gigante) di ghiaccio in bilico. Si confonde nel paesaggio, tra rocce e montagne, ed è formato da cinque piani, con al primo livello un ristorante, ai superiori i posti letto. È fatto di alluminio, fotovoltaico e vetro e la posizione inclinata, con una punta infilata nel terreno, fa in modo che arrivi più luce naturale diretta per un numero maggiore di ore al giorno. In questo modo, soprattutto le facciate più esposte al sole consentono, grazie al fotovoltaico, la produzione di energia in proprio. Gli interni invece hanno una struttura costituita da travi in legno lamellare in larice.
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