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A causa del riscaldamento globale, 8 delle 20 città che hanno organizzato le Olimpiadi invernali dal 1924 ad oggi non saranno più in grado di farlo.
Dalla Norvegia alla Francia, dall’Austria alla Russia. Organizzare i Giochi Olimpici invernali diventerà sempre più difficile nei prossimi decenni. A causa dell’impatto dei cambiamenti climatici sulle stazioni sciistiche, infatti, saranno sempre di meno le città in grado di ospitare le competizioni sportive. Prova ne è il fatto che otto delle venti località che hanno fino ad oggi ospitato le Olimpiadi invernali non potranno più farlo a partire dal 2050.
La crescita delle temperature globali, la conseguente diminuzione delle precipitazioni nevose e il ritiro dei ghiacciai renderà infatti impossibile assicurare lo svolgimento delle competizioni a Oslo (in Norvegia, che ha ospitato l’evento nel 1952), Chamonix (Francia, 1924), Innsbruck (Austria, 1964 e 1976), Sarajevo (Bosnia-Erzegovina, 1984), Grenoble (Francia, 1968), Squaw Valley (Stati Uniti, 1960), Sotchi (Russia, 2014) e Garmisch-Partenkirchen (Germania, 1936).
Des études canadiennes ont montré, que 8 des 18 villes qui avaient déjà accueillis les JO d’hiver ⛷ ne pourraient les réaccueillir en 2050 ou avec beaucoup de difficultés.. #jeuxolympiques2018 #Pyongyang2018 https://t.co/C8wuaA5Ocf
— Actu Envir?nnement (@ActuEnvirnmt) February 11, 2018
A spiegarlo è uno studio condotto da un ricercatore canadese, Daniel Scott. Lo studioso, secondo quanto riferito dal quotidiano francese Novethic, ha studiato l’impatto dei cambiamenti climatici su ciascuna delle città. Concludendo che per le otto ex capitali degli sport invernali, tra tre decenni, i Giochi Olimpici diventeranno un ricordo. Inoltre, PyeongChang, che accoglie attualmente i cinque cerchi in Corea del Sud, e Pechino, che lo farà nel 2022, sono considerate “a rischio”.
Lo scienziato ha affermato che, di conseguenza, il Comitato internazionale olimpico (Cio) riceverà un numero sempre più esiguo di candidature in futuro. Lo studio canadese, d’altra parte, è coerente con le previsioni degli esperti, secondo i quali entro la fine del secolo non sarà più possibile veder nevicare al di sotto dei 1.800 metri di altitudine.
Soprattutto le Alpi risultano particolarmente vulnerabili al fenomeno del riscaldamento globale. Nel 2015, la giornalista Helene Fouquet, dell’agenzia Bloomberg, si è recata sul ghiacciaio del Monte Bianco, in Francia, ventisette anni dopo la sua prima visita, nel 1988, quando era ancora bambina. Raccontando che mentre trent’anni fa bastava scendere tre gradini (di numero) per appoggiare le suole sul Mare di Ghiaccio (“La Mer de Glace”), oggi occorre invece percorrerne ben 370.
Un altro studio presentato nello stesso anno nella città francese di Grenoble, firmato da un gruppo di esperti del Cnrs diretto dal glaciologo Jérôme Chappellaz, concluse che “entro un decennio, due al massimo, tutti le piste da sci al di sotto dei 1.800 metri sono condannate. La neve scenderà di tanto in tanto, ma ormai non c’è altro da fare se non pensare alla loro riconversione”. Il che renderà impossibile praticare sport invernali in circa cento stazioni sciistiche transalpine.
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