Le emissioni di metano legate al settore dell’energia non accennano a diminuire. Secondo il nuovo rapporto “Global methane tracker” pubblicato mercoledì 9 maggio dall’Agenzia internazionale per l’energia (International energy agency, Iea), infatti, i livelli nel corso del 2024 si sono mantenuti a quote estremamente elevate, a oltre 120 milioni di tonnellate, a poca distanza dal record assoluto registrato nel 2019.
Numerose le fonti: dalle “fuggitive” a bovini e rifiuti
Si tratta di una notizia particolarmente inquietante per le sorti del clima della Terra. Il metano, infatti, è un gas ad effetto serra molto più potente della CO2: il potere climalterante è 25-30 volte superiore, anche se permane nell’atmosfera terrestre “soltanto” alcuni decenni, al contrario del biossido di carbonio che lo fa per secoli. Gli effetti sul breve e medio periodo sono però particolarmente gravi, e per questo da tempo si sottolinea l’assoluta necessità di limitare la dispersione del gas, se si vorranno centrare gli obiettivi di imitazione del riscaldamento globale fissati dalla comunità internazionale.
Our Global Methane Tracker 2025 is out!
It shows methane data & transparency are continuing to improve
But methane emissions remain stubbornly high – even though measures to tackle them are widely available and often very cost-effective
Le fonti di emissioni di metano sono numerose. Si passa da quelle “fuggitive” dei gasdotti a quelle provenienti dalle miniere, passando per quelle prodotte dai bovini e arrivando ai rifiuti. Per questo la quantità di questo gas che ogni anno finisce per alimentare i cambiamenti climatici è ben più alta rispetto alla quota in capo al settore dell’energia: in totale per il 2024 si parla di 580 milioni di tonnellate.
Di queste, il 60 per cento è attribuibile ad attività umane, con in testa l’agricoltura, seguita proprio dal comparto energetico. Quest’ultimo è responsabile di un terzo delle emissioni di origine antropica: la maggior parte del metano deriva da fughe che si producono durante l’estrazione, dalla produzione e dal trasporto.
Molte delle emissioni di metano sarebbero facilmente evitabili, secondo l’Iea
Ciò nonostante, come sottolineato nel rapporto dal direttore esecutivo dell’Iea, Fatih Birol, le misure fin qui adottate per ridurre l’uso di tale gas sono ad oggi “al di sotto delle attese”. E ciò benché, come sottolinea la stessa agenzia, circa il 70 per cento di tali emissioni potrebbe essere evitato facilmente e a costi limitati. Anche perché il gas “catturato” prima che venga disperso può essere rivenduto.
🗣️ “Tackling methane leaks & flaring offers a double dividend: it alleviates pressure on tight gas markets in many parts of the world, enhancing energy security – and lowers emissions at the same time.”
In termini geografici, il rapporto india la Cina come la nazione che emette la maggiore quantità di metano, soprattutto per via delle attività carbonifere. Al secondo posto gli Stati Uniti, seguiti dalla Russia. L’Iea sottolinea che tali conclusioni sono basate su dati misurati attraverso osservazioni satellitari, e non su quelli dichiarati, spesso sottostimati o obsoleti. La distanza in questo caso è enorme: l’agenzia spiega che le osservazioni indicano valori di circa l’80 per cento più elevati rispetto alle emissioni dichiarate dai governi alle Nazioni Unite.
Le emissioni dichiarate dai governi sono infinitamente sottostimate
Proprio uno dei satelliti utilizzati, l’europeo Sentinel 5P, ha permesso di constatare come gli eventi più gravi di emissioni di metano abbiano raggiunto un livello record nel 2024. E ciò malgrado una copertura ridotta da parte dello stesso satellite. Queste gravi fughe di metano sono state registrate soprattutto negli Stati Uniti, in Turkmenistan e in Russia.
Il rapporto annuale sul clima in Europa di Copernicus e dell’Organizzazione meteorologica mondiale è un monito ad agire per l’adattamento e la mitigazione.
Uno studio della Nasa ha spiegato il motivo per il quale l’innalzamento del livello dei mari ha superato i dati che erano stati previsti dagli scienziati.
Donald Trump ha ratificato l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Un duro colpo per il clima, ma anche un’opportunità per accelerare l’azione alla Cop30.
Quanto è vicino il collasso dell’Amoc, il sistema che comprende la corrente del Golfo, e cosa comporta? Ne parla Lungo la corrente, di Lorenzo Colantoni.
Uno studio di Fondazione Cmcc e università di Bologna ha analizzato due falde acquifere dell’Appennino, stimando i cali dei flussi nei prossimi decenni.