Gender

Parità salariale tra uomini e donne, l’Italia fa un passo avanti

Stesse mansioni, stesso stipendio: è diventato legge il provvedimento per raggiungere la parità salariale tra uomini e donne.

Stesse mansioni, stesso stipendio. In estrema sintesi, è l’obiettivo a cui punta il disegno di legge per la parità salariale di genere, in un Paese come l’Italia che ancora oggi vede le donne guadagnare in media il 20 per cento in meno degli uomini a parità di impiego, che il Senato ha approvato in via definitiva direttamente in Commissione, senza passare dall’aula. Due settimane fa la Camera l’aveva approvato in prima lettura all’unanimità, con 393 voti favorevoli, il 100 per cento dei votanti: un grande risultato, se si pensa che quando la proposta di legge è stata messa nero su bianco, all’inizio di questa legislatura, la relatrice Chiara Gribaudo del Partito democratico era all’opposizione. E che, nonostante l’attuale legislatura segni il record di partecipazione femminile, oggi le deputate donne sono solo il 36 per cento del totale.

APPROVATA LA PARITÀ SALARIALE!

LAVORIAMO ALLA PARILa Camera ha appena votato la proposta di legge di #paritàsalariale! Un percorso lungo che è iniziato dai banchi dell'opposizione, all’inizio della legislatura, ma con un forte spirito di unità fra tante parlamentari anche di partiti diversi. Lo dedico a tutte noi, a chi ha lottato dentro e fuori il Parlamento. Alle 470mila donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia, a coloro che ricevono fino al 20% in meno di stipendio a parità di mansioni e di salario rispetto agli uomini. A chi ha i titoli, la competenza, l'esperienza e la preparazione ma apparentemente non il sesso giusto per essere un dirigente: in Italia le donne rappresentano il 56% dei laureati ma solo il 28% dei manager. Questa legge infatti non riguarda solo le retribuzioni: con il voto di oggi alla Camera siamo a un passo dall’istituire anche in Italia un meccanismo di trasparenza e garanzia per milioni di donne lavoratrici, una legge che garantisca i diritti di ciascuna sul luogo di lavoro, dal reclutamento alla retribuzione fino alle opportunità di carriera. In video il mio intervento al termine del dibattito parlamentare, qui la nostra legge in pillole:🟣 Rapporto sulla situazione del personale: obbligatorio per le aziende sopra i 50 dipendenti (e volontario per le altre) con i dati sui salari, il reclutamento, le posizioni e le opportunità di carriera🟣 Principio di trasparenza: rapporto consultabile da dipendenti, sindacati, consigliere di parità, ispettori del lavoro, Cnel, Ministero🟣 Sanzioni: da 1000 a 5000 euro per rapporto falso o incompleto, revoca degli sgravi contributivi per chi non lo presenta🟣 Certificazione di parità: concessa alle aziende che rispettano parametri e adottano specifiche politiche per le pari opportunità in azienda🟣 Premialità di parità: ssgravi contributivi fino a 50.000 euro e vantaggi nei meccanismi di gara per le aziende che ottengono la certificazione🟣 Consigliere di parità: ruolo rafforzato con l’accesso diretto ai dati e la presentazione di un rapporto biennale al Parlamento🟣 Parità nelle società pubbliche: estesa alle partecipate la disciplina già prevista per le imprese private dalla Legge Golfo-Mosca, con due quinti del Cda al genere meno rappresentatoSono cambiati tre governi in questa legislatura, cambiati i ministri, ma mai la voglia di arrivare in fondo a questa legge, e sono sicura che anche per le colleghe e i colleghi del Senato questo testo sarà una priorità.A loro chiedo di fare in fretta, perché in troppe aspettiamo da troppo tempo!Insieme si può

Posted by Chiara Gribaudo on Wednesday, October 13, 2021

Trasparenza e premi per le aziende virtuose 

La legge rende obbligatorio per tutte le aziende sopra i 50 dipendenti, di fornire un rapporto annuale, consultabile da dipendenti, sindacati, consigliere di parità, ispettori del lavoro, dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e dal ministero del Lavoro). Chi fornirà un rapporto falso o incompleto avrà delle sanzioni, mentre le aziende più virtuose otterranno una certificazione di parità che frutteranno loro sgravi contributivi fino a 50mila euro e vantaggi nei meccanismi di gara. Inoltre, anche nelle società pubbliche varrà l’obbligo, già in vigore in quelle private, di prevedere nei consigli di amministrazione almeno due donne su cinque: a oggi infatti, ricorda Chiara Gribaudo, “in Italia le donne rappresentano il 56 per cento dei laureati ma solo il 28 per cento dei manager”.

Emma Marcegaglia, nella foto con la responsabile politiche di genere Cgil Susanna Camusso, è una delle più importanti donne manager, che sono solo il 28% del totale © Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Dalla disparità di accesso al lavoro alla parità salariale

A monte della parità salariale, dunque, è evidente anche un problema di disparità di accesso al mondo del lavoro: come spiega la prima firmataria “questa legge infatti non riguarda solo le retribuzioni: siamo a un passo dall’istituire anche in Italia un meccanismo di trasparenza e garanzia per milioni di donne lavoratrici, una legge che garantisca i diritti di ciascuna sul luogo di lavoro, dal reclutamento alla retribuzione fino alle opportunità di carriera”.

Un altro punto importante è l’articolo 2, che modifica la nozione di discriminazione diretta e indiretta nei confronti delle donne sul luogo di lavoro. Con l’introduzione della legge infatti potrà essere considerato discriminatorio non solo il comportamento verso la dipendente, come è adesso, ma anche verso le candidate in fase di selezione del personale.

Stop alle discriminazioni 

Ma soprattutto vengono inseriti tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta anche gli atti di natura organizzativa o che incidono sull’orario e sulle condizioni di lavoro mettendo le donne in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori maschi, per esempio perché in gravidanza o in fase di allattamento: sarà dunque discriminatorio “ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, può porre il lavoratore in una posizione di svantaggio”.

Secondo la ex segretaria generale della Cgil, ora responsabile delle politiche di genere del sindacato, Susanna Camusso: “intervenire per cancellare la disparità salariale che penalizza il lavoro delle donne è una scelta che caratterizza una giusta e necessaria politica antidiscriminatoria e di riduzione delle diseguaglianze. Ci auguriamo che la legge venga approvata al più presto anche in Senato”. Le sorprese sono sempre dietro l’angolo, ma vista l’ampia maggioranza i presupposti ci sono tutti.

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