Biotestamento, anche l’Italia ha una legge sul fine vita

No all’eutanasia, ma il paziente potrà rifiutare l’accanimento terapeutico lasciando un proprio testamento biologico: una legge nel nome di Welby, Eluana e Dj Fabo.

Da oggi, finalmente, l’Italia ha una legge sul fine vita. Una legge sul biotestamento che non prevede la legalizzazione dell’eutanasia, ma che comunque contiene una novità che rende storica questa giornata: d’ora in poi infatti nessun trattamento sanitario potrà essere iniziato, o proseguito, senza il consenso libero e informato della persona interessata. Consenso che potrà essere fornito tramite le disposizioni anticipate di trattamento (Dat), in modo da poterlo far valere anche nel caso in cui la persona si ritrovi in una condizione tale da essere impossibilitata ad autodeterminarsi. Una legge che pone fine all’accanimento terapeutico cui finora il paziente, pur in caso di una malattia terminale e irreversibile, non poteva opporsi.

Nel nome di Welby, Eluana e Dj Fabo

La necessità di una legge sul testamento biologico, diventata definitiva oggi, era tornata di grande urgenza dopo il caso di Dj Fabo, rimasto tetraplegico in seguito a un incidente d’auto, che aveva espresso il desiderio di porre fine alle proprie sofferenze: la sua decisione di andare in Svizzera per ricorrere all’eutanasia aveva avuto il merito di riaccendere i riflettori sulla questione, così come l’aiuto offertogli da Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, attualmente sotto processo proprio per questa vicenda. Un processo, spiega il segretario dell’associazione Filomena Gallo, “che è un’ulteriore tappa per cercare di smontare disposizioni che impediscono l’esercizio della libertà di scelta personale sul fine vita, condannando i malati terminali a inutili e gravi sofferenze o al suicidio privato o clandestino”.

Il caso di Fabo ha fatto fare un grande passo in avanti nella consapevolezza del problema del fine vita tra gli italiani
Il caso di Fabo ha fatto fare un grande passo in avanti nella consapevolezza del problema del fine vita tra gli italiani

Ma negli anni tanti sono stati i casi che avevano fatto parlare di eutanasia e fine vita: da quello di Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare e morto nel 2006 dopo aver chiesto che venisse staccata la spina della macchina che ormai lo aiutava a respirare, a quello di Eluana Englaro, spirata nel 2009 dopo 17 anni di coma per disidratazione sopraggiunta a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale.

Con il biotestamento stop all’accanimento terapeutico

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La legge sul biotestamento nasce sulla scorta di questi esempi: non è prevista l’eutanasia, ma il paziente dovrà approvare o rifiutare esplicitamente le cure, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali: uno dei punti fondamentali riconosciuti dal provvedimento, e su cui è stato forte lo scontro in parlamento, è proprio quello che la sospensione dell’alimentazione in modo artificiale (ad esempio tramite flebo) non è riconosciuta come eutanasia: il paziente in stato terminale potrà richiederla, o lasciarlo scritto nei suoi Dat, insieme alla sedazione per evitare la sofferenza finale. La legge “promuove e valorizza la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico il cui atto fondante è il consenso informato e nella relazione di cura sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari”. Le disposizioni anticipate possono essere rilasciate e revocate in qualsiasi momento da tutti i maggiorenni, mentre per i minori il consenso è espresso dai genitori, e sono vincolanti per il medico: al contrario che per altri ambiti, infatti, non sarà possibile ricorrere all’obiezione di coscienza.

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