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Il governo spagnolo aumenta del 22% il salario minimo

Il salario minimo spagnolo, che finora era i più bassi d’Europa, arriverà a 900 euro mensili a gennaio. Anche la Francia lo ritocca al rialzo.

Nella giornata di oggi, 21 dicembre, il governo spagnolo approverà un aumento del salario minimo pari al 22 per cento, il più generoso degli ultimi quarant’anni. Finora, con i suoi 736 euro mensili, il salario minimo spagnolo era uno dei più bassi in Europa; a partire dal mese di gennaio 2019 raggiungerà i 900 euro al mese e salirà quindi in testa alla classifica del Vecchio Continente. La novità è stata annunciata mercoledì dal primo ministro Pedro Sanchez.

Una misura anti-austerity

L’aumento del salario minimo sarà approvato per decreto nel corso di una seduta straordinaria che si terrà a Barcellona, nel cuore della Catalogna che in questi ultimi giorni è stata scossa delle manifestazioni anti-austerity. Sanchez ha presentato la decisione come una prova della volontà, da parte del governo, di accrescere “la prosperità per tutti i territori”.

A sostenerlo c’è Podemos, il partito che dà seguito al movimento degli indignados ed è stato il terzo più votato alle elezioni del 2016, superando il 21 per cento dei suffragi. Uno dei pilastri della sua ideologia, infatti, sta proprio nel superamento delle politiche di austerità. Reuters, che riporta la notizia, sottolinea il fatto che il supporto di Podemos sia molto prezioso per il governo Sanchez: proprio in questi giorni, infatti, il budget 2019 è all’esame del Congresso.

Francia Macron
Il presidente della Francia Emmanuel Macron ©Sean Gallup/Getty Images

Il salario minimo in Europa

In Europa, sottolinea il World Economic Forum, si assiste ultimamente a una generale tendenza a ritoccare al rialzo il salario minimo. Ha preso la stessa decisione anche il presidente francese Emmanuel Macron, alle prese con le proteste dei “gilet gialli“. Dal 2019 – ha annunciato – si arriverà a 1.598 euro mensili, con un aumento pari a 100 euro. La Germania ha introdotto il salario minimo solo di recente, nel 2015, ma solo due anni dopo l’ha incrementato da 1.440 a 1.498 euro. In Europa, il più ricco è quello del Lussemburgo (11,55 euro all’ora), fanalino di coda è quello bulgaro (1,57 euro all’ora). L’Italia è uno dei pochissimi paesi del Vecchio Continente in cui non è previsto alcun salario minimo.

Stato2018
Belgio1.562,59 €
Bulgaria260,76 €
Danimarca /
Germania1.498 €
Estonia500 €
Irlanda1.613,95 €
Grecia683,76 €
Spagna858,55 €
Francia1.498,47 €
Repubblica Ceca468,87 €
Croazia465,72 €
Italia /
Cipro/
Lettonia430 €
Lituania400 €
Lussemburgo1.998,59 €
Ungheria418,47 €
Malta747,54 €
Paesi Bassi1.594,20 €
Austria/
Polonia480,20 €
Portogallo676,67 €
Romania407,45 €
Slovenia842,79 €
Slovacchia480 €
Finlandia/
Svezia/
Regno Unito1.463,80 €
Norvegia/
Fonte: Eurostat

Il salario minimo è diverso dal reddito di cittadinanza

Su questi temi è molto facile fare confusione, perché alcune espressioni apparentemente simili hanno significati ben distinti.

Fissare un salario minimo (in inglese, minimum wage) significa decidere che qualsiasi lavoratore non può essere pagato meno di una determinata cifra, che viene stabilita su base mensile oppure oraria.

Il reddito di cittadinanza di cui si parla molto in Italia in questo periodo, quindi, è una cosa ben diversa. In linea di principio, sarebbe un reddito che lo Stato paga a qualsiasi cittadino per migliorare la qualità della sua vita. Va da sé che, così formulato, risulta insostenibile per qualsiasi Paese. Non stupisce dunque il fatto che nel maxi-emendamento alla Manovra che è in questo momento all’esame del nostro Parlamento siano previsti diversi requisiti per accedere al reddito di cittadinanza: come, per esempio, essere disoccupati e iscriversi a un centro per l’impiego, cercando attivamente un lavoro; oppure, percepire un reddito o una pensione inferiori alla soglia di povertà stabilita dall’Istat.

Già nel 2017 il governo guidato da Paolo Gentiloni aveva dato il via a un’altra misura, il reddito di inclusione, che invece è una forma di sostegno alla povertà che viene erogata per un massimo di 18 mesi (prorogabili di altri 6) ai nuclei familiari con un Isee inferiore ai 6mila euro e un valore del patrimonio immobiliare inferiore ai 20mila euro (esclusa però la casa di abitazione).

 

Foto in apertura © Michele Tantussi/Getty Images

 

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