Arredamento e Design

Il futuro è artigiano grazie ai “maker”, i nuovi creatori che uniscono tradizione e tecnologia

La figura dell’artigiano alla mastro Geppetto è una caricatura sorpassata. Il futuro artigiano è tecnologico, preferisce definirsi “maker”, e unendo tradizione e tecnologia può portare l’innovazione nel made in Italy.

La trasformazione dell’artigianato passa attraverso la tecnologia e i “maker” (parola inglese che significa creatori), nuove figure di artigiani digitali che combinano il fare manuale con le tecnologie più attuali. Dare un nuovo valore alle competenze artigiane attraverso la tecnologia per attivare dinamiche di crescita originali: questa è una delle scommesse per il futuro dell’economia italiana sostenuta da Stefano Micelli, docente di economia e gestione delle imprese all’università Ca’ Foscari di Venezia, nel suo libro Futuro artigiano del 2014, grande successo editoriale oggi alla terza edizione.

Manufatto in vetro
La scommessa del nuovo artigianato: coniugare capacità manuale tradizione con know how tecnologico industriale © Patrizia Scarzella

Cos’è il futuro artigiano

Il libro espone la teoria che l’artigianato è l’uovo di Colombo per la crescita italiana. Micelli propone la virtuosa contaminazione tra lavoro artigiano e l’economia globale e la necessità di una “osmosi tecnica”, cioè il mescolare le abilità artigianali con le competenze industriali per uno sviluppo economico sostenibile per il futuro. Per molti anni l’artigianato e le professioni manuali sono state considerate come un retaggio del passato e che invece solo la ricerca tecnologica potesse condurci a disegnare il futuro. In realtà è l’unione, anziché la contrapposizione, dei due mondi a poter essere un potente acceleratore di innovazione, la chiave di volta di un cambiamento di rotta.

Oltre a rappresentare una grande risorsa, il mestiere dell’artigiano, secondo l’autore, è anche una scelta di vita appagante e da valorizzare.

I maker, nuove figure di artigiani evoluti

Produrre, riparare, riciclare oggetti fa parte della filosofia dei maker. Dal 2012 il movimento di questi artigiani che utilizzano le ultime tecnologie, fenomeno che si è sviluppato in molti paesi industrializzati, ha fatto la sua comparsa a Milano durante la Design week in più luoghi e con molteplici proposte di gruppi e associazioni che vogliono dare una forma concreta a questa realtà in crescita. “L’Italia è già la patria dei maker – afferma Micelli –, il problema è che non lo abbiamo realizzato. L’artigiano innova attraverso gli strumenti del suo lavoro, nuovi materiali e modi di lavorare. Il lavoro artigiano non è custodire acriticamente il passato, ma rinnovarsi nel tempo e accettare la sfida della tecnologia. Dire che siamo già il paese dei maker vuol dire scommettere sulla rete e sulle nuove tecnologie in generale. Significa dire che i nostri artigiani sono i protagonisti di una nuova rivoluzione industriale centrata su una diversa idea di lavoro e di valore”.

Shuji Nakagawa, cestello in legno
Nuovo impulso economico attraverso le tecnologie digitali e la visibilità in rete per gli oggetti realizzati con tecniche manuali antiche come quelli di Shuji Nakagawa, artigiano giapponese del legno © Hands on design

Capacità manuale e conoscenza tecnologica

Coniugare grande qualità e capacità manifatturiera artigianale con conoscenza, o “know how” in inglese, delle tecnologie e processi di produzione industriale è anche nel dna delle nostre piccole e medie imprese, di quelle tipiche “fabbriche” che hanno creato il fenomeno del design italiano tanto apprezzato nel mondo.

“L’immenso patrimonio di pratiche e di cultura che caratterizza la nostra manifattura deve essere riabilitato e considerato come parte essenziale del nostro futuro economico”, aggiunge Micelli. “Oggi il successo italiano arride alle industrie della cultura materiale, quelle che si nutrono dei nostri saperi antichi e del nostro gusto. In questo senso l’Italia è una miniera di opportunità, a condizione di saper raccontare al mondo ciò di cui siamo capaci. Ci sono grandi opportunità per coloro che sapranno mettere insieme il saper fare italiano e una comunicazione innovativa, soprattutto grazie alle nuove tecnologie”.

Hands on design, un esempio concreto di maker

La strada delle buone pratiche artigianali come leva potenziale di sviluppo economico non è solo italiana. Progetti sperimentali ed esperienze concrete in atto nel mondo confermano che l’evoluzione del saper fare artigiano tradizionale attraverso gli strumenti tecnologici contemporanei è una strategia condivisa che può declinarsi in modi diversi, ma passa sempre attraverso la consapevolezza dell’artigiano che la conoscenza dei nuovi strumenti digitali è oggi imprescindibile per continuare a svolgere il proprio lavoro.

Nell’esperienza di collaborazione tra designer e artigiani l’apporto di professionisti del progetto e della comunicazione è quello di dare l’impulso al rinnovamento dei prodotti e, soprattutto, ai modi di comunicare e vendere, facendo acquisire visibilità mediatica ai prodotti artigiani. Un esempio è quello di Hands on design che lavora con artigiani e designer italiani e giapponesi. “Gli artigiani oggi o si rinnovano, imparando a usare internet e a leggere i disegni al computer pur continuando a fare i prodotti che fanno da sempre, o spariscono“, dicono Kaori Shiina e Riccardo Nardi, i designer che hanno fondato il progetto. “Gli artigiani giapponesi con cui lavoriamo lo hanno capito, sarebbe impossibile per noi collaborare altrimenti a distanza. Quelli italiani si stanno avvicinando alle nuove tecnologie ma alcuni hanno paura di tradire la loro tradizione e di perdere la loro identità”.

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Cestino digitale futuro artigiano
Gli smart handicraft del progetto Creative Mediterranean sono oggetti artigianali realizzati con tecniche e materiali tradizionali che integrano elementi digitali © Giulio Vinaccia

Creative mediterranean, oggetti artigianali smart

Il progetto pilota Creative mediterranean ha l’obiettivo di contribuire alla crescita inclusiva e sostenibile delle regioni del Mediterraneo meridionale, cioè di Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Palestina, Libano e Giordania, sviluppando una serie di “smart handicraft”, cioè oggetti artigianali fatti a mano intelligenti e performanti, insieme alla startup Ebf di Marrakech, avvalendosi della partnership con enti come l’Unione Europea, l’Union pour la Méditerranée, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e Unido, l’organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale.

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Il risultato è la creazione di oggetti ibridi realizzati con le tecniche e i materiali della tradizione marocchina ma che integrano elementi tecnologici. Tra questi, ad esempio, ci sono i vasi da giardino in terracotta chiamati “active garden” con sensori che a seconda del tipo di pianta contenuta nel vaso segnalano quando questa ha sete o va concimata, e cestini tradizionali digitali per ricaricare telefono (come quello nella foto qui sopra). Sono prodotti a mano in Egitto, invece, i tessuti in lana luminosi con inseriti in trama led che si accendono da remoto e i tessuti fluorescenti che si ricaricano alla luce solare.

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