La presidente Dina Boluarte ha sostitituto Pedro Castillo a dicembre 2022 dopo il suo tentativo di auto-golpe.
A inizio 2023 il Perù è stato sconvolto da profonde proteste per chiedere nuove elezioni.
Dopo alcuni mesi di tregua, ora in 59 province del paese migliaia di persone sono tornate in piazza.
In Perù sono ricominciate le proteste, dopo alcuni mesi di tregua. Nella giornata di mercoledì 19 luglio la capitale Lima e altre 58 province del paese sono state interessate da manifestazioni, tutte accomunate dalla richiesta di dimissioni della presidente Dina Boluarte. Boluarte aveva preso il posto dell’ex presidente Pedro Castillo, dopo che quest’ultimo nel dicembre scorso aveva sciolto il parlamento in quello che era stato definito un auto-golpe. La nomina di Boluarte aveva scatenato profonde proteste nel paese fino a marzo, con la richiesta di nuove elezioni per dare alla popolazione il potere di scegliere il nuovo presidente. In primavera la situazione si è calmata, ma ora le proteste sono riprese.
La crisi politica del Perù
La crisi in Perù è cominciata quando l’ex presidente Castillo, dopo due voti di impeachment a cui era sopravvissuto, è stato sottoposto a un terzo impeachement. Castillo ha cercato di evitarlo con quello che è stato definito un “auto-golpe”: il presidente ha sciolto il Congresso e invocato un governo di emergenza nazionale “per ristabilire la legge e la democrazia”, denunciando di trovarsi sotto attacco su ogni fronte. Ma è stato arrestato e sostituito dalla sua vicepresidente Dina Boluarte.
— The Workers Rights (@theworkersright) July 21, 2023
Boluarte, la prima donna presidente del Perù, ha annunciato sin da subito che per le elezioni presidenziali si sarebbe dovuto aspettare un bel po’, fine 2023 o addirittura inizio 2024. E questo a partire dal gennaio scorso ha causato profondi malumori nella popolazione, desiderosa di scegliere il proprio presidente come da Costituzione. Malumori che poi si sono trasformati in proteste dal bilancio tragico. I morti sono stati almeno 60, la gran parte uccisi con armi da fuoco da parte delle forze di sicurezza. Le organizzazioni non governative come Amnesty intrernational hanno denunciato la brutalità della polizia e dell’esercito nel reprimere le proteste, mentre centinaia di manifestanti sono stati arrestati.
In Perù è stato dichiarato lo stato di emergenza, poi revocato a marzo quando le sommosse si sono calmate. Ma nelle ultime ore la tensione è tornata a salire.
Riprendono le proteste
Nella giornata di mercoledì 19 luglio 59 province del paese sono state interessate da manifestazioni popolari. La gente è scesa in piazza con le stesse motivazioni di inizio 2023: chiedere la destituzione della presidente Dina Boluarte e indire nuove elezioni.
Clashes, Indigenous organizations, unions, and a massive riot police presence dominated the streets of Peru's capital during the "Taking of Lima" protests against the right-wing coup government of Dina Boluarte. Police detained at least six people, according to Interior Minister… pic.twitter.com/UPlebmJNjD
Le manifestazioni si sono caratterizzate anche per l’originalità estetica. In Plaza San Martin, a Lima, è comparsa una scatola di bambola Barbie di due metri, in concomitanza con la première dell’omonimo film, con la scritta “Barbie dictadora”, in riferimento alla presidente Boluarte. La gente ha scattato foto all’interno del box, mimando di sparare o facendo altri riferimenti alla brutale repressione delle proteste dei primi mesi del 2023.
Decine di persone sono state arrestate nel corso delle manifestazioni, che Boluarte ha definito “una minaccia per la democrazia”. Il ritorno della gente in piazza ha messo in allarme il governo. Sono stati mobilitati almeno 24mila agenti di sicurezza, mentre i cortei sono proseguiti anche in queste ore. In alcune città sono stati lanciati gas lacrimogeni e ci sono stati i primi scontri con i manifestanti. Il ministro dell’Interno, Vicente Romero, ha però minimizzato la portata delle manifestazione, dicendo che la partecipazione complessiva nel paese è stata di sole 21mila persone. Dalle opposizioni hanno però ammonito il governo a non prendere sottogamba queste nuove proteste: il rischio di tornare a una crisi politica e sociale come a inizio 2023 è alta.
Dopo l’impeachment a Vizcarra e le dimissioni del suo successore Merino a causa delle proteste della popolazione, il presidente è ora il centrista Sagasti.
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Il presidente si riconferma con il 90% al termine di elezioni caratterizzate dall’eliminazione in massa degli oppositori. Ma per consolidare il proprio potere Saïed non potrà ignorare la crisi economica del paese, come fatto nei 5 anni precedenti.
Il ministro degli Esteri israeliano ha detto che Guterres “sostiene terroristi, stupratori e assassini di Hamas, di Hezbollah, degli Houthi e ora dell’Iran”.
Per l’Oms il bilancio delle vittime della guerra in Sudan supera le 20mila vittime. Ad aggravare la situazione ci sono la carestia e l’epidemia di colera.