
Viviamo in un mondo caratterizzato da molte crisi: sanitaria, economica e climatica. Da qui, nasce l’idea di creare una Costituzione della Terra.
Sono stati censiti per la prima volta gli ecosistemi naturali e semi-naturali dell’Europa centrale.
A dispetto del consumo di suolo, dell’agricoltura intensiva e del bulimico consumo delle risorse naturali, l’Europa centrale ha ancora un grande e pulsante cuore verde e blu. Queste aree naturali e semi-naturali, in possesso di precise caratteristiche ambientali e in grado di fornire una vasta gamma di servizi ecosistemici, fatte di boschi, fiumi, laghi, praterie, ma che comprendono anche alcuni tipi di coltivazioni e il verde urbano, sono state mappate per la prima volta.
L’iniziativa fa parte del progetto europeo Magiclandscapes, coordinato da dieci partner tra cui Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. L’obiettivo del progetto è di favorire la connettività degli ecosistemi attraverso la pianificazione sostenibile, tutelando così il capitale naturale e, al tempo stesso, migliorando la qualità della vita dei cittadini europei. Nel 2013 l’Unione europea ha varato la sua prima Green infrastructure strategy, chiedendo agli stati membri di investire in questa direzione. Magiclandscapes supporta questo processo di transizione verso la realizzazione di infrastrutture sostenibili fornendo informazioni e strumenti adeguati alle amministrazioni locali.
I ricercatori che hanno realizzato la prima mappatura di infrastrutture verdi hanno preso in esame un’area di cento milioni di ettari ripartita tra Italia, Austria, Germania, Polonia e Repubblica Ceca, scoprendo che gli ecosistemi naturali coprono circa sessanta milioni di ettari, ovvero il 60 per cento del territorio. Di questa superficie circa il 70 per cento è costituito da aree naturali, mentre il restante 30 per cento da aree semi-naturali.
In Italia i ricercatori dell’Enea hanno esaminato il Parco fluviale del Po nel tratto piemontese compreso tra le province di Alessandria e Vercelli. Quest’immensa area naturale, attraversata dal più lungo fiume italiano, dispensa essenziali servizi ecosistemici, tra cui la depurazione di aria e acqua, la fornitura di cibo e legname, la riduzione dell’erosione del suolo e del rischio di alluvioni, la conservazione della biodiversità e la regolazione del ciclo idrogeologico.
Per codificare e mappare l’area piemontese del Po sono state necessarie indagini sul campo e lo studio dei dati cartografici. “Abbiamo realizzato una mappatura molto dettagliata classificando come infrastrutture verdi le risaie e i querceti ma non i pioppeti, seppur molto diffusi nella Pianura padana – ha spiegato Simone Ciadamidaro, ricercatore del laboratorio di Biodiversità e servizi ecosistemici dell’Enea. – Il motivo sta nel fatto che le risaie, pur essendo coltivazioni intensive alla pari dei pioppeti, hanno cicli che simulano ambienti palustri o sponde lacustri, dando la possibilità a numerosi animali come invertebrati e anfibi di viverci oppure di trovare cibo, come nel caso di aironi e trampolieri. Il pioppeto, invece, non è un’area boscata ma una coltivazione intensiva che richiede il mantenimento di suolo nudo senza sottobosco e un periodico taglio raso”.
I ricercatori hanno concluso che, nonostante la radicata presenza di attività antropiche, l’ecosistema fluviale del Po è ancora ricco e riveste un importante ruolo ecologico. In particolare il tratto del Po compreso tra Torino e la confluenza con il fiume Ticino è stato identificato come un prezioso corridoio ecologico lungo 120 chilometri che collega le Alpi e l’Appennino. Alla luce di queste scoperte diventa ancora più urgente conservare e aumentare le infrastrutture verdi del Vecchio continente, preziose alleate nella lotta ai cambiamenti climatici.
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