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Il progetto di Inwit e Legambiente mira a monitorare l’inquinamento dell’aria e a tutelare la biodiversità. Cosa è emerso dai primi dati pubblicati.
In Europa circa il 98 per cento delle persone respira aria fortemente inquinata, con gravi conseguenze per la salute. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), l’inquinamento atmosferico ha provocato nel 2020 oltre 300mila morti premature nel Vecchio continente. L’Italia non fa eccezione, anzi. Gli abitanti delle città italiane sono cronicamente esposti a concentrazioni inquinanti troppo elevate. “Il rispetto dei limiti normativi sulla qualità dell’aria è una condizione necessaria di partenza per poter parlare di risanamento dell’ambiente e dell’aria che ci circonda”, si legge nel rapporto Mal’aria di Legambiente.
Ma che impatto ha l’inquinamento ambientale sulla biodiversità? A questa domanda provano a rispondere Inwit, primo tower operator italiano per numero di siti gestiti, su cui vengono ospitati gli apparati di trasmissione di tutti i principali operatori di telefonia nazionali, e Legambiente, protagonisti di un progetto di monitoraggio della qualità dell’aria in alcuni parchi e riserve dell’Appennino Centrale.
I dati del primo mese del monitoraggio ambientale sulla qualità dell’aria sono stati presentati lo scorso 13 novembre a Pescasseroli (Aq), nel corso dell’evento dal titolo “Le infrastrutture digitali per il monitoraggio ambientale e della biodiversità”.
Il monitoraggio, volto a studiare l’andamento della qualità dell’aria e capire gli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla biodiversità, è stato effettuato in quattro aree protette abruzzesi: nei parchi nazionali d’Abruzzo, Lazio e Molise e della Maiella, e nelle riserve regionali Zompo lo Schioppo e Monte Genzana Alto Gizio. Questi luoghi ospitano una straordinaria biodiversità e hanno un inestimabile valore naturalistico. In Abruzzo vive infatti l’unica popolazione di orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus), sottospecie di orso bruno che rappresenta un endemismo esclusivo dell’Italia centrale, e sorgono faggete vetuste inserite nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco.
Il progetto di Inwit e Legambiente nasce proprio dalla consapevolezza della necessità di proteggere tale ricchezza dai sempre maggiori rischi posti dalla crisi climatica e dall’impatto antropico. La tutela della biodiversità è stata identifica come uno dei temi rilevanti per Inwit nel proprio Piano di sostenibilità, con la valutazione degli impatti e delle opportunità delle infrastrutture. “L’inquinamento, insieme alla crisi climatica, alla perdita e frammentazione degli habitat, al sovrasfruttamento delle risorse, all’introduzione delle specie aliene invasive, rappresenta una delle principali minacce per la biodiversità e gli ecosistemi naturali. Per questo abbiamo deciso di affiancare Inwit in questo nuovo monitoraggio sperimentale”, ha spiegato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.
Inwit, tramite le sue torri, ha iniziato a registrare una serie di dati e di parametri ambientali, con l’obiettivo di misurare tendenze e variazioni e valutare in questo modo gli effetti che questi parametri possono avere sulla conservazione della biodiversità nelle aree interessate. Tra i parametri ambientali monitorati, condivisi con le aree protette coinvolte nel progetto, ci sono anidride carbonica, biossido di azoto e polveri sottili.
“Le torri di Inwit, digitali, condivise e capillari, sono infrastrutture in grado di ospitare anche tecnologia IoT e abilitare servizi innovativi, con impatti decisivi in ogni settore”, ha dichiarato Michelangelo Suigo, direttore Relazioni esterne, comunicazione e sostenibilità di Inwit. “Il progetto di monitoraggio della qualità dell’aria nei parchi e nelle aree protette mira a creare valore per i territori e le comunità coinvolte. L’obiettivo di questo monitoraggio ambientale è creare una base di dati a lungo termine sulla qualità dell’aria, al fine di favorire l’identificazione e segnalazione di eventuali elementi di attenzione nelle zone interessate, stimolando l’adozione di misure correttive”.
I dati raccolti nel primo mese di monitoraggio ambientale, svolto all’interno di aree urbanizzate o ad alto scorrimento stradale, sono necessariamente poco rappresentativi, considerato il ristretto lasso di tempo preso in esame, e hanno lo scopo di informare e sensibilizzare cittadini e amministrazioni su potenziali problematiche da affrontare.
I valori medi, registrati dai sensori e analizzati dall’ufficio scientifico di Legambiente, delle polveri sottili (PM10), di particolato fine (PM2.5), biossido di azoto (NO2) sono in linea con i riferimenti normativi seppur con qualche eccezione. Anche nelle aree interne la qualità dell’aria è minacciata soprattutto dal traffico veicolare e di mezzi pesanti e dal riscaldamento domestico.
Le infrastrutture digitali, in grado di offrire una molteplicità di servizi, in una logica di “tower as a service”, possono dunque contribuire alla crescita delle comunità locali, anche in un’ottica sostenibile. “Per fronteggiare l’inquinamento atmosferico, tutelare la biodiversità e raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla Strategia dell’Ue al 2030, è importante mettere in campo interventi trasversali e integrati di gestione del territorio che coinvolgano amministrazioni, comunità locali e aree protette”, ha spiegato nel corso dell’evento Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente . “Le infrastrutture hanno un impatto, anche visivo, però sono fondamentali”, ha continuato Nicoletti. “L’importante è posizionarle al meglio ed evitare i posti sbagliati. Lavoreremo insieme alle università, agli enti parco e alla regione Abruzzo per capire come adattare questa tecnologia ai bisogni e alle necessità dei territori coinvolti, e utilizzare al meglio i dati forniti da Inwit”.
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