Ryszard Kapuscinski, scrivere fuori dagli schemi

Giornalista e scrittore, mal gli s’addice l’immagine del reporter d’assalto. Eppure Ryszard Kapuscinski è famoso grazie ai suoi reportage di guuerra

“Non si può scrivere di qualcuno senza averne condiviso almeno un po’ la vita” è il pensiero di R. Kapuscinski, tra i più grandi giornalisti e scrittori del nostro tempo, un sessantottenne di origini polacche, timido e colto, dall’aria stanca e un po’ fragile, un nomade instancabile che da sempre racconta la povertà, la fame, le guerre, usando il linguaggio dei diritti. Al centro delle sue cronache ci sono i valori fondativi della vita, i sentimenti e le dinamiche dell’uomo, le stesse che da millenni creano gli eventi e li perpetuano. Quello che per un cronista rappresenta lo sfondo dove nasce e si consuma la notizia, per Kapuscinski rappresenta la scenografia e la sceneggiatura imprescindibili in cui si consuma l’umana avventura, dove l’uomo è spinto da necessità, desideri e bisogni antichi come il mondo.

Ryszard Kapuscinski nel 2003. (©STR/AFP/Getty Images)
Ryszard Kapuscinski nel 2003. (©STR/AFP/Getty Images)

Il lavoro di Kapuscinski parte da una profonda adesione alla realtà che nei suoi libri si rivela come un’esperienza unica e totalizzante. Al pari di un antropologo applica il metodo dell’osservazione partecipante, e indaga e scruta i fatti con la minuziosa attenzione del naturalista. Studia le abitudini, le azioni e le reazioni umane con rispetto e umiltà, misura la reattività ai fatti e ai luoghi scomponendo e ricomponendo i suoi sentimenti e quelli della gente con la quale divide, nel bene e nel male, momenti intensi di vita. Le sue testimonianze sono un ponte teso verso una più profonda conoscenza dell’alterità. Il rispetto e la curiosità per l’uomo, insieme ad una sensibilità e un fiuto che gli hanno permesso di trovarsi spesso al posto giusto nel momento giusto, sono le condizioni con cui Kapuscinski è riuscito a cogliere, raccontare e denunciare i risvolti “invisibili” di trasformazioni politiche e sociali importanti, in Africa come in Asia, in Medioriente e in  Sudamerica.

Ha profetizzato molto tempo prima che se ne cominciasse a parlare il pericolo rappresentato dai grandi mezzi di comunicazione di massa e gli effetti negativi della mondializzazione sull’economia. Nei suoi numerosi libri (Lapidarium, Imperium, Ebano, Il cinico non è adatto a questo mestiere) l’esperienza diretta assume una forma narrativa etica e di grande impatto. Egli riesce a ricondurre la vita, anche la più triste e sofferente, spietata o disgraziata, sotto la poesia di un cielo stellato, restituendole forza e dignità. Sa volare alto Kapuscinski, libero da un ego che non ha mai avuto la forza di frapporsi tra lui e il mondo. E’ questo che lo rende un uomo speciale, essenziale come la sua scrittura, che nutre simpatia e rispetto per i diseredati e i meno fortunati del mondo, di cui ha sempre raccontato storie incredibili, aneddoti, cifre e statistiche perché i potenti della terra, che lo stimano e un po’ lo temono, abbiano di che vergognarsi; numeri impressionanti che misurano il divario sempre più incolmabile tra nord e sud del mondo, tra ricchi e poveri.

 

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