Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters,
Storie di amori in gabbia
“Muoviti fermo”: presso lo spazio Krizia di Milano, Ottavia Piccolo, Alberto Macioppi e Giampietro Savuto, hanno dato il via ad un ciclo di conferenze dedicate alla narrazione di casi clinici.
In tutti gli incontri previsti, a cominciare da settembre venturo,
la Fondazione Lighea in collaborazione con Andrée
Ruth Shammah, darà voce alla storia di gente comune che,
dopo anni di dolore, ha scelto di chiedere aiuto per imparare a
vivere meglio.
Storie di donne e uomini che si trovano a fare i conti con la paura
di cambiare, prigionieri di un’immobilità che, seppur
dolorosa, procura una sorta di piacere. Nell’immobilità ci
si illude di allontanare la vecchiaia, la morte e la solitudine
senza accorgersi che, nell’esorcizzare la fine, la si anticipa.
Così, Margherita sceglie partner che la trattino male e che
riflettano la disistima che lei prova per se stessa; Rossana,
Caterina e Anna si lamentano di mariti silenziosi, abitudinari,
grigi, senza passioni, senza emozioni ma non riescono a staccarsene
se non riempiendosi la vita di impegni di ogni tipo e spesso utili
solo a illudersi di stare lontane dalla noia. Accanto, le storie di
uomini in competizione con il padre costretti a sfide
interminabili, altri schiavi della regolarità e della
perfezione tanto da rimanerne schiacciati…
Come diceva la voce narrante: “Cambiare vuol dire accettare che il
tempo passi, vuol dire misurare la distanza dalla propria infanzia,
diventare grandi, diventare se stessi, distinti da chiunque altro,
compresi quelli che si amano di più”.
Chi sceglie di chiedere aiuto alla terapia è spesso
dilaniato da due forze uguali e contrarie: da una parte il
desiderio di tornare a vivere, dall’altra il panico all’idea di
cambiare.
“Muoviti fermo” è ciò che chiede il terapeuta al
proprio paziente. Non è necessario “cambiare” la propria
vita, ma semplicemente “trasformarla”. Non si tratta di un viaggio
in un pianeta sconosciuto, ma un percorso all’indietro, per
rileggere tranquillamente, con occhi diversi, la propria storia e
provare così a permettersi di riprendere il cammino e vivere
davvero.
Gabriela
Manzella
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