Cesvi, Maurizio Carrara racconta i primi 40 anni dell’associazione

Un libro raccoglie storie ed esperienze dei primi quattro decenni di Fondazione Cesvi. Abbiamo intervistato il suo autore, il Presidente onorario Maurizio Carrara.

“Stanno finalmente arrivando tutti gli aiuti che ci sono stati promessi, circa 200 tonnellate di generi alimentari, kit per i rifugi d’emergenza, teli per proteggersi dalla pioggia, lampade e torce solari, pastiglie per purificare l’acqua. Grazie all’Unione europea e anche all’ambasciatore italiano, siamo riusciti a far convergere gli aiuti direttamente con voli aerei su Yangon. E da lì, li stiamo distribuendo nelle zone dove siamo presenti”. A parlare è Maurizio Carrara, fondatore e oggi Presidente onorario di Fondazione Cesvi, organizzazione impegnata da quarant’anni in cooperazione internazionale e sviluppo e attiva da venti in Myanmar (ex Birmania) con diversi progetti.

Carrara ha da poco pubblicato un libro sui primi quattro decenni di Cesvi, dal titolo 40. I nostri anni di solidarietà, e l’oggetto dell’intervista doveva essere solo questo. Ma dopo il terremoto devastante del 28 marzo e le successive scosse di magnitudo 5,5 del 13 aprile nella zona di Mandalay, non sarebbe stato possibile non partire da qui e dall’impegno tempestivo di Cesvi in quest’area dell’Asia.

Myanmar, solo l’ultima delle emergenze gestite da Cesvi

“Abbiamo una lunga conoscenza del paese, e ora siamo nella zona maggiormente colpita dal terremoto, con migliaia e migliaia di persone che necessitano di aiuto. La situazione politica del Myanmar non ci favorisce, ma anche grazie ad altre organizzazioni locali, piano piano riusciamo a fare il nostro lavoro di distribuzione. È nostro dovere essere lì”.

Quella del Myanmar è solo l’ultima delle tante emergenze gestite negli anni da Cesvi, un “capitolo” della lunga attività della Fondazione di cui Carrara narra la storia, partendo dai primissimi passi. “Quarant’anni sono una data importante e significativa per un’associazione creata da un gruppo di giovani che pensavano di fare un po’ di solidarietà con gli amici che erano all’estero a fare i medici o gli agronomi. Con grande lavoro e passione, ci siamo trovati ad aver dato vita a una delle più significative organizzazioni non governative italiane. Credo che sia un bel risultato e che valga la pena festeggiare”.

 

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Emergenze, ma non solo

Parlare delle attività d’emergenza di Cesvi è quasi naturale, perché come ricorda Carrara, “il periodo storico in cui stiamo vivendo pone l’emergenza come problema principale: ci sono guerre, problemi tra popoli, terremoti, disastri naturali. Quindi siamo chiamati a operare in questi contesti, come in Myanmar. Però il nostro mandato è quello di passare dall’emergenza allo sviluppo”.

Tornando al tema del terremoto in Asia, Carrara spiega che appena si riuscirà a stabilizzare la situazione, Cesvi tornerà alla sua attività abituale, che è quella di aiutare le persone e le comunità nello sviluppo delle loro attività produttive e della salute.

Cesvi
Mappa delle situazione i emergenza in cui opera Fondazione Cesvi. © Cesvi

Da un piccolo progetto, a un’organizzazione attiva in quattro continenti

Partita con un progetto in Nicaragua, oggi Cesvi lavora in quasi tutti i continenti, sia con interventi di emergenza, che con progetti di cooperazione e sviluppo, e conta 600 dipendenti nelle sedi estere, più 80 nella sede principale di Bergamo. Il libro di Carrara non è solo una cronistoria di questi anni, ma racconta anche curiosità, emozioni, esperienze. E momenti difficili, come quelli vissuti durante la guerra dei paesi della ex Jugoslavia.

“Nei primi anni Novanta non eravamo pronti per una cosa del genere. Eravamo ancora tutti volontari, ci impegnavamo in maniera saltuaria, e la struttura era ancora molto piccola. C’erano i bombardamenti su Sarajevo mentre noi costruivamo il nostro ufficio a 70 chilometri da lì; portare aiuto significava percorrere tutte strade secondarie per non incappare in situazioni pericolose di guerra”.

Takunda, il primo bimbo sano da madre HIV positiva

Nell’intervista, il Presidente onorario ricorda soprattutto i momenti in cui Cesvi ha potuto fare la differenza, come con la nascita nel 2001 di Takunda, il primo bambino sano partorito da madre HIV positiva in Zimbabwe e oggi 23enne laureato in Scienze sociali. Nel libro, l’autore ha dedicato un intero capitoletto alla sua storia e a quella di sua madre, Safina, che prima di avere lui, aveva partorito un bimbo subito morto di Aids.

“In quel momento, una madre positiva significava una donna giovane, di un villaggio, incinta, che si sottoponeva al test rapido per capire se era HIV negativa o positiva e che dopo l’esito positivo, veniva allontanata dalla sua comunità”. Safina è stata la prima donna incinta nel paese africano, trattata con farmaci antiretrovirali. “È venuta a vivere vicino all’ospedale e l’abbiamo seguita per nove mesi, finché è nato Takunda. È stato un momento molto emozionante, per i medici, ma anche per tutti noi in sede”. E continua Carrara: “Questo bimbo, per noi, ha rappresentato anche il nostro impegno concreto”. Grazie a Cesvi e alla campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi partita nel 2001, i bambini nati sani in Zimbabwe sono stati migliaia.

 

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Cosa augurarsi per i prossimi 40 anni di Cesvi?

La cooperazione e lo sviluppo, nel nostro Paese, possono avere ancora tanto spazio per crescere e migliorare. “In Italia abbiamo talmente tante Ong che nessuna di queste è riuscita a essere abbastanza significativa e importante per a fare raccolta fondi anche all’estero”, afferma Carrara. “Nessuna organizzazione italiana si è classificata con un profilo internazionale, anche ser molte operano in tutto il mondo. Se posso augurarmi qualcosa, è che le Ong italiane, le più serie, le più operative, si riescono a mettere insieme per costruire la più grande organizzazione italiana di solidarietà nel mondo. Sarebbe un bel segnale anche per chi governa il nostro paese oggi, o lo farà in futuro”.

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