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Il camoscio appenninico è tornato. L’editoriale della presidente di Legambiente racconta come si è arrivati a festeggiare una delle vittorie più importanti per la tutela della biodiversità italiana.
Il camoscio appenninico ha vinto. E con lui Legambiente e i parchi nazionali della Majella, dei monti Sibillini, d’Abruzzo, Lazio e Molise, del Gran Sasso e monti della Laga e il parco naturale regionale Sirente Velino. La scorsa settimana, il progetto di tutela Life Coornata, portato avanti da questi parchi e dall’associazione tra il 2010 e il 2015, è stato premiato dalla Commissione europea tra i 27 migliori Best Life dello scorso anno.
È un riconoscimento importante e di cui andiamo molto fieri, perché dimostra come sia possibile mettere in pratica esperienze di gestione di grandi mammiferi positive e condivise. A vincere, infatti, è stata soprattutto la capacità di fare rete dei parchi, di pianificazione e condivisione del lavoro e l’adozione di tecniche all’avanguardia per la cattura degli animali che hanno funzionato molto bene.
Grazie all’efficace collaborazione di tutti gli attori coinvolti e al supporto dello strumento europeo, la strategia di conservazione del camoscio appenninico ha funzionato alla grande. Sono state create nuove colonie, in particolare sul Sirente Velino, sperimentando con successo tecniche innovative di cattura e rilascio degli animali mai usate prima su questa entità faunistica. Oggi, si contano più di 2000 esemplari di camoscio appenninico distribuiti tra cinque diverse popolazioni. Dopo anni di impegno per la sua tutela, la specie non rischia più l’estinzione. E il dato non era scontato se si considera che all’inizio del secolo scorso era ridotta a poche decine di esemplari nell’allora parco nazionale d’Abruzzo.
Oltre ai tecnici dei parchi impegnati in un lavoro di tutela condiviso, il progetto ha avuto il merito di coinvolgere anche i cittadini sui temi della tutela della biodiversità; ha comunicato e fatto conoscere al pubblico politiche di salvaguardia di specie vulnerabili o a rischio di estinzione, e in particolare quelle legate alle nostre aree protette. Il camoscio appenninico è addirittura diventato un brand utilizzato come richiamo turistico dagli operatori locali.
Condivisione, partecipazione e buona gestione sono alla base degli ottimi risultati conseguiti. E il premio europeo ci rinforza nell’idea che la strada su cui proseguire sia questa. L’esito del progetto porta elementi di confronto e argomenti importanti nell’ambito del dialogo in corso nel nostro Paese sulle politiche di gestione della fauna selvatica. Non solo degli ungulati, ma anche dei grandi carnivori, come il lupo che è tornato in territori dai quali sembrava scomparso e sebbene non sia ancora fuori pericolo non rischia più l’estinzione.
Per questo, a guardare i risultati raggiunti, possiamo dire di essere stati bravi. Abbiamo saputo coniugare la tutela degli animali in senso stretto con politiche di sviluppo locale innovative, basate sulla qualità ambientale, e la rete dei parchi e delle aree protette presente sul nostro territorio ha poi fatto la differenza. Ora bisogna andare avanti, imparare a replicare le esperienze positive, fare anche di più per proteggere il nostro immenso patrimonio di biodiversità.
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