In un documento unitario, 48 associazioni salentine richiamano l’attenzione sulle criticità degli interventi finora realizzati per arginare il problema della xylella. E offrono soluzioni alternative.
Eusebio, un altro leader indigeno è stato ucciso in Amazzonia
Un uomo, un leader indigeno di nome Eusébio della comunità dei Ka’apor, è stato ucciso il primo maggio in un agguato condotto nella foresta amazzonica, in Brasile, da due uomini incappucciati che si presume possano essere dei taglialegna fuorilegge. Eusébio sarebbe stato colpito alla schiena da un proiettile sparato da un’arma da fuoco da
Un uomo, un leader indigeno di nome Eusébio della comunità dei Ka’apor, è stato ucciso il primo maggio in un agguato condotto nella foresta amazzonica, in Brasile, da due uomini incappucciati che si presume possano essere dei taglialegna fuorilegge.
Eusébio sarebbe stato colpito alla schiena da un proiettile sparato da un’arma da fuoco da due uomini a bordo di una motocicletta. Nonostante i soccorsi prestati dai compagni, Eusébio è morto due ore dopo l’agguato.
La regione dove vivono i Ka’apor – Alto Turiaçu, nello stato brasiliano di Maranhão – è oggetto di deforestazione illegale da anni ormai e gli indigeni che fanno parte della comunità non hanno dubbi: gli assassini fanno parte della banda di criminali che sta distruggendo l’Amazzonia. Secondo quanto raccontato dall’organizzazione che difende i diritti dei popoli indigeni Survival International, subito dopo la morte di Eusébio, anche suo figlio sarebbe stato fermato e minacciato.
Un altro leader dei Ka’apor ha dichiarato che le minacce di morte si susseguono da tempo: “Non sappiamo cosa fare perché nessuno ci protegge. Lo stato non fa nulla”. Nel 2008, dopo diverse richieste di aiuto alle istituzioni, il governo ha condotto alcune attività di monitoraggio, ma non appena queste si sono concluse, l’attività criminale e le minacce sono riprese come prima, secondo l’organizzazione ambientalista Greenpeace.
Chiara Campione, responsabile della campagna foreste di Greenpeace Italia, ha detto che ciò che incoraggia le imprese a rubare il legname in Amazzonia “è il fatto che la refurtiva possa facilmente essere spacciata per prodotto legale e venduta, anche sul mercato internazionale, senza problemi”.
L’Alto Turiaçu ha perso circa 44mila ettari di foresta dal 2012 a oggi, pari all’8 per cento del totale nella regione. Si tratta della quinta zona più minacciata dell’Amazzonia.
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