Acqua

L’acqua pubblica vale 7,2 mld per 28.000 posti di lavoro, ma rischiamo multe

La rete italiana di acquedotti porta in tutta Italia 5,2 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno su 480 mila km. Alcuni punti di legge sono lontani dall’esser realizzati, e il sistema dei depuratori fa… acqua, ma il settore ha un valore altissimo.

L’acqua pubblica, l’acqua del sindaco o del rubinetto, costituisce un settore gigantesco dell’economia nazionale secondo il rapporto ‘Blue Book’ elaborato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Federutility (la Federazione dei gestori del servizio idrico).

Il valore del settore acqua in Italia è di 7,2 miliardi di euro, con 27.800 occupati con un totale di 5,2 miliardi di metri cubi di acqua consegnata nell’ultimo anno (al 2012), una lunghezza degli acquedotti di 480 mila km e una rete fognaria di 280 mila km.

I dati sono contenuti in un rapporto economico-statistico sul servizio idrico italiano presentato oggi alla Camera dei Deputati. A 20 anni dalla Legge Galli di riordino del servizio idrico integrato – spiega il rapporto – sono però molti “gli obiettivi mancati, ignorati o non ancora raggiunti”.

Gli obiettivi della legge Galli ancora non raggiunti

  • Lontana la forma di “aggregazione” in aree Ato (Ambiti territoriali ottimali)
  • 2.000 comuni, per un totale di 6 milioni di abitanti (11%), sono fermi a 20 anni fa e gestiscono ancora il servizio “in economia”, ovvero in modo diretto e non tramite un gestore
  • gli affidamenti conformi coprono solo il 70% della popolazione; il restante 19% è servito da gestioni obsolete o perennemente transitorie.

In Italia operano 232 gestori: si va da situazioni in cui un solo operatore gestisce oltre 4 milioni di cittadini, a realtà in cui un gestore serve soli 500 abitanti. Il rapporto però sottolinea che grazie all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico “la prospettiva di un sistema tariffario affidabile, prevedibile e regolato, può aumentare la reputazione del comparto idrico nel suo complesso e la fiducia di possibili investitori. Elementi necessari per finanziare gli investimenti per infrastrutture, coperti da risorse pubbliche solo per il 10%”. Nel nostro Paese in 2 su 10 non sono allacciati alle fognature, in 3 su 10 non sono allacciati ai depuratori”.

Per allinearsi agli standard europei all’Italia servirebbero circa 5 miliardi di euro all’anno di investimenti, pari a 80 euro per abitante all’anno. Attualmente – spiega il rapporto – “investiamo nel servizio idrico circa 30 euro ad abitante all’anno, per un totale di 1,6 miliardi di investimenti di cui solo 0,3 miliardi da fondi pubblici; mentre invece il fabbisogno di investimenti nazionale ammonterebbe a oltre 3 miliardi all’anno, pari a 51 euro per abitante all’anno. Confrontando con quanto avviene in Europa, il rapporto fa vedere come in Danimarca si investano “129 euro per abitante all’anno, nel Regno Unito 102 euro, in Francia 88”.

Accelerare sugli investimenti è assolutamente determinante. “Dobbiamo arrivare a mettere a posto la maggior parte dei nostro sistema di depurazione entro il primo gennaio 2016 – ha affermato Erasmo D’Angelis, capo dell’unità di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico – se non vogliamo ritrovarci a pagare multe da 700-800 milioni di euro all’anno. Abbiamo un ritardo enorme e siamo il Paese che ha inventato fognature e acquedotti”.

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