Acqua

Le tensioni sui mega bacini idrici in Francia sono anche uno scontro tra due modelli agricoli

A fine marzo, una manifestazione francese contro i mega bacini idrici si è trasformata in un campo di battaglia con le forze dell’ordine.

  • Il 25 marzo, nella regione francese della Nuova Aquitania, si è tenuta una grande manifestazione contro i mega bacini idrici in costruzione.
  • La protesta è diventata ben presto violenta, con 28 feriti tra le forze dell’ordine e 200 tra i manifestanti.
  • Una battaglia in nome del diritto all’acqua e alla sua equa ripartizione di fronte alla crisi climatica.
  • Ma anche una battaglia tra modelli agricoli: tra chi difende tecniche più sobrie chi, invece, non riesce a svincolarsi dall’agricoltura intensiva.

Sono le prime luci del mattino del 25 marzo a svegliare le migliaia di persone che hanno passato la notte, chi in tenda chi tra i sedili di una macchina, nei pressi di Sainte-Soline. Questo piccolo comune si trova della regione Nuova Aquitania, nel sudovest della Francia. L’accampamento tappezzato di tende non è che una grande distesa di fango dopo la pioggia notturna. Eppure l’atmosfera sembra allegra. C’è chi dà informazioni, chi distribuisce bandiere o chi propone una manciata di mirtilli per fare il pieno di energia. Tra gruppi di amici di tutte le età, famiglie e agricoltori, sono in 30mila (secondo gli organizzatori) ad aver risposto “presente” all’appello di collettivi e sindacati. In programma, una grande manifestazione in direzione di uno dei sedici mega bacini idrici in costruzione nel dipartimento delle Deux-Sèvres.

Mega bacini francia
La manifestazione ha visto coinvolti gruppi di amici di tutte le età, famiglie e agricoltori © Irene Fodaro

Cosa sono i mega bacini idrici

Ufficialmente definiti “riserve di sostituzione”, questi bacini estraggono l’acqua dalle falde acquifere durante l’inverno, quando è più abbondante, per poi conservarla all’aperto e permetterne l’utilizzo per l’irrigazione durante l’estate. Di dimensioni considerevoli, otto ettari in media, questi enormi crateri ricoperti da teloni di plastica sono stati ribattezzati, da chi vi si oppone, “mega bacini idrici”. Considerati da alcuni essenziali per affrontare i periodi di siccità, questi ultimi vengono però contestati già da una ventina d’anni. Da qualche tempo sono al centro dell’attenzione, simbolo di una risorsa che diventa sempre più scarsa e genera conflitti.

Non si tratta quindi della prima manifestazione di questo tipo, ma la partecipazione questa volta sembra essere senza precedenti, malgrado il divieto di manifestare emanato della prefettura. “La siccità è sempre più visibile e l’estate scorsa ha allarmato molte persone. Credo che ogni tipo di lotta legata all’acqua sia stimolante perché sappiamo che è necessaria alla vita e che ci saranno sempre più tensioni circa il suo utilizzo”, spiega Léna Lazare, giovane agricoltrice in formazione e portavoce dei Soulèvements de la Terre (Insurrezioni della Terra), uno dei collettivi all’origine della manifestazione. “La nostra parola d’ordine è: non un bacino di più. Uno dei sedici bacini è già stato costruito e il prossimo è quello di Sainte-Soline. Vogliamo mostrare che le persone non lo vogliono e che sarà l’ultimo. L’obiettivo è di realizzare un’azione simbolica tenendoci per mano intorno al bacino, ma anche di smontare alcune tubature”, prosegue.

Le ragioni della contestazione

I motivi dietro ad azioni come questa sono molteplici. Finanziati in buona parte da denaro pubblico, i mega bacini idrici sono visti come una finta soluzione di fronte ai limiti imposti dalla crisi climatica. “Durante l’inverno le falde acquifere non sono neanche state ricaricate. Questo ci fa capire che stiamo adottando una soluzione a breve termine che ci porterà ad una situazione davvero complicata”, segnala ad esempio Emma Haziza, idrologa, che propone altre soluzioni. Tra queste, i bacini collinari che recuperano l’acqua pluviale.

Si aggiunge anche il fatto che l’acqua viene stoccata all’aria aperta, cosa che peggiora la sua qualità. Può infatti sviluppare salmonella, alghe e batteri; non alimenta i corsi d’acqua; sotto il sole, evapora. Per alcuni esperti, la perdita stimata andrebbe dal 20 al 60 per cento. Per Christiane Lambert, si tratterebbe solo del 7 per cento. Fino a poco tempo fa Lambert era presidente della Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles (Fnsea), il primo sindacato agricolo francese, che difende i bacini in quanto necessari alla sovranità alimentare del paese.

Gli oppositori denunciano inoltre un “accaparramento” dell’acqua da parte di una minoranza di agricoltori che portano avanti un’agricoltura intensiva. I bacini permetterebbero loro di evitare i razionamenti d’acqua in estate, sempre più frequenti e precoci, e di irrigare colture particolarmente esigenti, in primis i cereali come il mais. La Nuova Aquitania produce infatti un terzo del mais francese. Cioè 4,5 milioni di tonnellate all’anno, destinate soprattutto all’esportazione e all’alimentazione animale, come spiega un’inchiesta. Dal canto suo, la “Coop de l’eau”, società cooperativa incaricata di realizzare le riserve di sostituzione, assicura che 500 agricoltori (sugli 847 dei comuni circostanti) potranno usufruire dei sedici bacini.

Mega bacini francia
I mega bacini sono visti come una finta soluzione per la crisi climatica © Irene Fodaro

L’impatto ambientale dei mega bacini idrici sulle zone umide

Sono all’incirca le 10 di mattina quando i manifestanti cominciano a incamminarsi verso il bacino, suddivisi in tre cortei: l’otarda rosa (uccello, ndr), la lontra gialla e l’anguilla turchese. Tre specie tipiche della zona ma che stanno diventando sempre più rare. A qualche chilometro da qui, infatti, si estende su circa 100mila ettari il Marais Poitevin, la seconda zona umida più grande del paese. Tra le tante preoccupazioni, vi è proprio quella dell’impatto dei mega bacini idrici su tutto l’ecosistema. Intorno al Parco naturale regionale del Marais Poitevin si contano infatti già venticinque bacini in attività. “Alla scorsa manifestazione di Sainte-Soline, ad ottobre, mi hanno parlato delle peculiarità del Marais Poitevin, che rischia di prosciugarsi. Sono convinto della necessità e dell’importanza di questa lotta”, racconta Lou, arrivato dalla regione parigina insieme ad alcuni amici.

“Se questo progetto di sedici bacini viene portato a termine, tra trenta o quarant’anni il Marais Poitevin non ci sarà più. Se si continua a prelevare l’acqua dalle falde acquifere e a piantare cereali, questo non verrà più alimentato e si prosciugherà”, avverte Adeline Grippon, originaria della regione e tra i portavoce di Bassines non merci, Bacini no grazie, collettivo nato proprio qui e oggi presente a livello nazionale. Nel suo sito, il collettivo mette a disposizione una mappa dei mega bacini idrici in Francia, individuandone circa 300 tra quelli in attività e in fase di progettazione, sebbene non esistano cifre ufficiali. “Non voglio che i miei figli crescano in un deserto. Tutto questo ha un impatto enorme sulla zona e su chi ci vive: pesci, alberi, siepi… di otarde ce ne sono sempre meno perché si riproducono proprio in questa zona. La lontra non si vede quasi più e così anche l’anguilla”, si rammarica Adeline che dice di essere nata “sulle rive del Marais Poitevin”.

La manifestazione diventa violenta

Intanto i cortei proseguono il loro cammino lungo le strade di campagna costeggiate dalle coltivazioni. In testa, un’enorme otarda di legno guida la folla. “Niente bacino a Sainte-Soline! La guerra dell’acqua è cominciata, ci batteremo per vincerla”, si sente gridare da un megafono. Insieme ai manifestanti venuti da tutta la Francia, sono presenti anche delegazioni internazionali tra cui l’Italia, ma anche personalità politiche della France Insoumise (Lfi) e dei Verdi (Eelv).

Nessuno si aspetta però di trovare, una volta raggiunti gli argini del bacino di sedici ettari, 3.200 gendarmi e poliziotti dispiegati tutt’intorno, per proteggerlo. Il primo corteo tenta di formare una catena umana ma gli scontri non tardano, provocando un alto numero di feriti: 28 tra le forze dell’ordine e 200 tra i manifestanti, di cui due finiscono in coma. A scontri finiti, molti dicono essersi sentiti “in un campo di battaglia”.

Il modello agricolo rimesso in discussione

È chiaro che le riserve di sostituzione non sono di per sé l’unica ragione di tante tensioni e violenze. È tutto il modello agricolo a essere rimesso in discussione. Come spiega Nicolas Girod, portavoce della Confédération Paysanne, sindacato agricolo impegnato nella battaglia contro i bacini: “Le politiche pubbliche, tra cui la più importante è la politica agricola comune (Pac), hanno spinto gli agricoltori verso una cerealizzazione e intensificazione delle colture, un ampliamento delle aziende e un utilizzo massivo dei pesticidi per produrre di più. Questo ha provocato dei danni all’agricoltura e all’ambiente. Molti agricoltori sono rimasti intrappolati in questo sistema e fanno difficoltà a pensare a un altro modello. In questo contesto, un’irrigazione sempre più considerevole e lo stoccaggio dell’acqua sembrano indispensabili, ma, se ci riflettiamo, sistemi come i mega bacini idrici non fanno che allontanare la necessità di rivedere tutto il modello agricolo”. A suo avviso, la politica dovrebbe sostenere, tra l’altro, l’impiego degli agricoltori.

Solo con agricoltori più numerosi si potrà realizzare una transizione agricola, cercando di adattare la nostra produzione a quello che il territorio e l’acqua possono offrirci.

Nicolas Girod

In trent’anni la Francia ha perso più della metà delle sue aziende agricole. Ma le loro dimensioni aumentano: rispetto al 2000 la dimensione media di un’azienda agricola è aumentata di venti ettari, secondo l’Istituto nazionale di statistica e di studi economici (Insee). Il paese è il primo produttore di cereali nell’Unione europea e anche le superfici irrigate sono aumentate del 14 per cento in dieci anni.

Per alcuni, è quindi un insieme di misure ad aver contribuito alla “guerra dell’acqua” a cui assistiamo oggi. Lo spiega ad esempio Christophe Bonneuil, direttore di ricerca al Centro nazionale di ricerca scientifica (Cnrs). In una tribuna pubblicata sul sito Reporterre, il ricercatore contesta le scelte dei due governi di Emmanuel Macron per quanto riguarda soprattutto i pesticidi, come le deroghe provvisorie per l’utilizzo degli insetticidi neonicotinoidi per le barbabietole (giudicate il 3 maggio “illegali” dal Consiglio di Stato in seguito a una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea), o la mancanza di aiuti all’agricoltura biologica.

Modelli agricoli a confronto

La collisione tra due modelli agricoli, oggi forse al suo apice, è palese. Serge Zaka, agrometeorologo, la spiega così: “Alla fine della Seconda guerra mondiale, per evitare le carestie e modernizzare il sistema agricolo, gli stati europei hanno sviluppato un modello economico volto essenzialmente alla produzione. All’epoca però il clima non era una variabile limitante. Oggi lo è e questo modello non è più sostenibile. A Sainte-Soline si sono affrontate due agricolture: un sistema produttivistico allo stremo, che comincia a tendere verso un minimo di rispetto ambientale ma è frenato dalla politica, e persone che sono molto più avanti per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, ma che hanno rendimenti molti più bassi”.

A suo parere, le riserve di sostituzione possono essere sfruttate solo in alcuni territori, da determinare con l’aiuto degli idrologi, ma a condizione di modificare al contempo le pratiche agricole. “Bisogna avere la garanzia che si sta attuando un’evoluzione profonda dell’agricoltura: nuove varietà meno consumatrici d’acqua, un’agricoltura che conserva i suoli, meno aratura e più coperture vegetali. I bacini devono essere un sistema di transizione altrimenti faremo lo stesso errore della Spagna, cioè li moltiplicheremo senza far evolvere nulla. Secondo le previsioni del Panel intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), il 2022, con la sua siccità, ha una possibilità su dieci di riprodursi attualmente. A partire dal 2050, invece, sarà un anno normale. Questo vuol dire che non ci saranno piogge invernali per riempire i bacini. Se non avremo adattato la nostra agricoltura, tutto il sistema crollerà. Si chiama mal-adattamento”, precisa.

Esistono dei protocolli legati alla costruzione delle riserve di sostituzione, che impongono agli agricoltori beneficiari alcune compensazioni ambientali. Per gli oppositori, però, queste sarebbero blande e non adeguatamente controllate. Un’inchiesta del giornale Mediapart ad esempio ha dimostrato che nessuna delle dodici aziende agricole che saranno connesse al bacino di Sainte-Soline fa agricoltura biologica. Sette producono cereali e si stima che il 30 per cento dei terreni che saranno irrigati sia coltivato a mais. Questi agricoltori “vogliono mantenere i loro rendimenti costi quel che costi, soddisfacendo le esigenze dell’industria agroalimentare”, afferma l’inchiesta. Con l’obiettivo di mostrare qual è il modello agricolo per il quale si battono, gli agricoltori presenti alla manifestazione hanno piantato, nel corso della giornata, trecento metri di siepi, utili alla conservazione dell’acqua nei suoli.

Da alcuni mesi, il governo francese ha dato il via a una concertazione che servirà a preparare un patto e una legge sull’orientamento e l’avvenire agricolo. È però attualmente in discussione una proposta di legge che mira a proteggere gli agricoltori francesi dalla concorrenza, in Europa e non solo. E che preoccupa, non poco, gli ecologisti. Il testo propone ad esempio lo spargimento di pesticidi per mezzo di droni e intende precisare nel Codice dell’ambiente, che riunisce i testi giuridici del diritto ambientale, che le infrastrutture di prelievo e stoccaggio dell’acqua, come i mega bacini idrici, rappresentano un importante bene comune. Intanto, numerosi dipartimenti francesi, di più rispetto al 2022, sono già duramente colpiti dalla siccità e la questione di una ripartizione equa dell’acqua diventa sempre più urgente.

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