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Perché l’India congela i fondi di Greenpeace
Le azioni di protesta di Greenpeace danno fastidio al governo indiano. Così fastidio che le autorità del subcontinente hanno deciso di congelare i sette conti correnti dell’associazione – nelle IDBI Bank, ICICI Bank e Yes Bank – per un periodo della durata di 6 mesi a partire da ieri, 9 aprile.
A far conoscere la notizia è stato il quotidiano The Hindu: sarebbe stata ritirata la licenza dell’associazione ambientalista che consente, grazie al Foreign Contribution Regolation Act – Fcra 2010, di ricevere donazioni dall’estero. La richiesta sarebbe pervenuta direttamente dai servizi di intelligence.
Foto: © Getty Images
Ufficialmente, il blocco dei conti è avvenuto per una serie di presunte violazioni dei regolamenti che sarebbero state commesse da Greenpeace, come la segnalazione non corretta degli importi stranieri o la scarsa trasparenza nelle spese 2011-2012 e 2012-2013.
Narendra Modi, Primo Ministro indiano. Foto: © Getty Images
Secondo il ministero dell’Interno, il fatto che Greenpeace India venga finanziata da fondi esteri costituirebbe un danno per la politica economica del Paese, mentre le azioni di protesta costituirebbero una minaccia per la sicurezza nazionale.
Il governo, inoltre, non ha mai accettato l’intromissione di Greenpeace durante la conferenza di Istanbul del 2012 sulle strategie del carbone, né i presunti interessi del Regno Unito per le azioni dell’associazione nella ex colonia; per questo è stato disposto il blocco.
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