Cosa rimane del nucleare in Italia. Un viaggio dentro la centrale nucleare di Trino

La centrale nucleare di Trino Vercellese è stata il simbolo dello sviluppo dell’energia atomica in Italia. Questa è la storia di un impianto in fase di smantellamento.

Il cielo è grigio e minaccia pioggia, è una di quelle giornate sospese, che non sai bene come andranno a finire. Così sembra essere anche il destino della centrale di Trino Vercellese che, dopo lo stop all’energia nucleare voluto dagli italiani con il referendum nazionale del 1987, è oggi in fase di smantellamento (in gergo tecnico decommissioning), in attesa di completare le procedure una volta che sarà costruito il deposito nazionale di scorie nucleari.

Sogin, la società italiana di proprietà dello Stato, che ha il compito di smantellare tutte le centrali nucleari presenti nel nostro paese e costruire il deposito nazionale, ha aperto le porte dei propri impianti in decommissioning ai cittadini. Noi abbiamo scelto la centrale nucleare di Trino Vercellese che negli anni d’oro raggiunse il record mondiale di funzionamento a piena potenza.

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Rifiuti nucleari stoccati alla centrale nucleare di Trino. ©Cecilia Bergamasco

La centrale nucleare di Trino Vercellese

La centrale nucleare “Enrico Fermi” di Trino è la prima attività industriale nel settore nucleare in Italia. Edison la costruisce nel 1961 e dopo tre anni, nel 1964, entra in funzione utilizzando la tecnologia Pwr (pressurized water reactor). Nel 1966, dopo la nazionalizzazione del settore elettrico, passa in gestione a Enel fino al 1987 quando si ferma a seguito del referendum con cui gli italiani scelgono di dire “no al nucleare” frutto di quanto avvenuto l’anno prima a Chernobyl. Tre anni di interregno in cui la centrale e i suoi operai non sanno che ne sarà di loro e del loro destino. Finalmente nel 1990 l’impianto viene disattivato definitivamente. Da allora gli 80 operai che oggi lavorano nella centrale devono garantire il mantenimento in sicurezza delle strutture e degli impianti. La centrale, da 272 megawatt elettrici e 870 megawatt termici, negli anni ha prodotto 26 miliardi di chilowattora (kWh) di energia elettrica. Nel 1999 Sogin diventa proprietaria della centrale, insieme a tutti gli altri impianti nucleari italiani, con l’onere di realizzare lo smantellamento del sito.

Secondo i piani di Sogin il decommissioning dovrebbe terminare nel 2031 e arrivare alla fase che viene definita “prato marrone”, ovvero con gli edifici ancora in piedi ma senza rifiuti radioattivi che attualmente sono stoccati in depositi temporanei, in attesa di essere inviati al deposito nazionale. Entro il 2036, i cittadini di Trino dovrebbero vedersi restituire il territorio della centrale a “prato verde”, un’area decontaminata pronta per essere utilizzata per altri scopi. Ma tutto dipende da quando (e soprattutto se) l’Italia riuscirà a costruire un deposito nazionale di scorie nucleari, il cui luogo dovrebbe essere scelto dal governo nel 2024.

L’ingresso nella centrale nucleare

Entrare in una centrale nucleare ti provoca quel senso di timore legato a tutto ciò che si porta dietro il termine “nucleare”, ma allo stesso tempo ti solletica il fascino per la tecnologia, sebbene non la si possa definire di ultima generazione.

Dotati di caschetti e istruiti di tutte le norme di sicurezza, a partire dalle fotografie, il primo pezzo di tecnologia che incontriamo è la turbina che una volta generava energia elettrica utilizzando il vapore generato dalla centrale. Maestosa e imponente, oggi la turbina è in bella mostra nel piazzale della centrale, in ricordo dei gloriosi tempi in cui l’impianto nucleare di Trino vantava il primato mondiale di centrale più grande al mondo e il record mondiale di funzionamento senza interruzione. Quest’ultimo è stato battuto solo una decina di anni fa dai giapponesi.

Ogni ciclo nucleare della centrale durava dai 12 ai 18 mesi, poi l’impianto veniva fermato per manutenzione per adempiere alle operazioni di sostituzione di un terzo degli elementi del nucleo. Il fermo produzione durava due o tre mesi, periodo in cui gli operai passavano dai 200 addetti a oltre mille. In quei giorni diventava impossibile trovare a Trino una persona disoccupata, la centrale assorbiva tutta la forza lavoro della zona.

Oggi gli addetti che lavorano in centrale sono 80 e il loro compito è mantenere in sicurezza l’impianto con un controllo della situazione radiometri dell’ambiente, dei sistemi antincendio e di ventilazione, dell’impianto elettrico e di tutta la strumentazione. Parallelamente si procede con le operazioni di smantellamento di quelle parti che sono state autorizzate ad essere smontate e smaltite secondo procedure standardizzate.

Il trasporto del materiale nucleare

Una volta iniziato lo smantellamento della centrale, tutto il materiale radioattivo prelevato dalla centrale viene trasportato in siti di riprocessamento, dove viene separato il materiale riutilizzabile da quello contaminato. Quest’ultimo viene condizionato in una forma chimico-fisica che ne garantisce il trasporto e la conservazione in sicurezza per un lungo periodo.

Il trasporto del materiale nucleare non è un gioco da ragazzi. Servono mezzi idonei omologati e geolocalizzati in grado di resistere a cadute di 50 metri, un’autorizzazione internazionale al trasporto e conducenti in possesso di patente nucleare. Dalla centrale di Trino, quando è iniziata la fase di smantellamento, sono partiti 16 trasporti nel 2004 e due nel 2005 con scorie destinate al riprocessamento nell’impianto francese di La Hague. Nel 2015, con due trasporti, tutto il combustibile presente nella centrale è stato trasferito in Francia per essere riprocessato e ora è in attesa di essere riportato in Italia per essere poi trasferito al deposito nazionale.

Attenzione, centrale nucleare “zona controllata”

Terminato il percorso esterno ci accingiamo a entrare nella centrale nucleare, in quella che è detta “zona controllata”, regolamentata da specifiche procedure di sicurezza per garantire la protezione dalle radiazioni ionizzanti.

Terminate le operazioni di vestizione, saliamo una stretta scala ed entriamo in quello che una volta era il reattore nucleare della centrale. Qui sono localizzate le due piscine, una che conteneva il combustibile irraggiato e l’altra destinata a purificare l’acqua all’interno dei reattori.

Passiamo poi attraverso una doppia porta di sicurezza per accedere a quello che era il nucleo della centrale dove erano situate le barre radioattive. Sembra di entrare in un film anni Settanta, archeologia industriale con sistemi di comando di altri tempi, ma che al momento della costruzione erano considerati di ultima generazione. Fa effetto pensare come la tecnologia evolva velocemente, viene naturale domandarsi come sia una centrale nucleare odierna.

Terminato il giro della “zona controllata”, ci svestiamo dei sistemi di protezione e veniamo sottoposti al controllo delle radiazioni. Fortunatamente il sistema non rileva alcuna radiazione e possiamo passare alla fase successiva della visita.

Deposito rifiuti radioattivi

La centrale nucleare di Trino Vercellese è dotata di due depositi temporanei di rifiuti radioattivi che verranno completamente svuotati una volta realizzato il deposito nazionale di scorie nucleari. Centinaia, migliaia di fusti impilati uno sull’altro, tutti in acciaio inox, rossi e bianchi che contengono la storia della centrale nucleare. I fusti rossi, da 220 litri, sono i più piccoli e al loro interno vengono messi i rifiuti; subiscono poi un processo di pressatura fino a diventare delle “pizze”, tipo le bobine di una pellicola cinematografica. I fusti bianchi, da 380 litri, contengono le pizze. Oggi a Trino sono stoccati 2.700 fusti, tutti in attesa di trovare la collocazione definitiva.

La centrale di controllo

La centrale di controllo della centrale nucleare è il set perfetto per un film. Un’enorme consolle di color “verde ospedale” con centinaia di tasti, interruttori, spie e leve. Tutto è tracciato da linee gialle e blu; in caso di emergenza sulla consolle sono indicati i percorsi che l’operatore deve fare per mettere in sicurezza la centrale. Tracciare la successione delle operazioni serve a ridurre la variabile di errore che l’operatore può commettere in situazioni di stress. Un sistema simile a quello dei percorsi che si trovano negli ospedali che ti indicano la strada per i reparti o le uscite di emergenza. Per fortuna Trino non ha mai dovuto sperimentare lo stato di blocco per emergenza.

La parte a sinistra della consolle è la più importante, quella destinata al controllo dei reattori, mentre la parte a destra serviva per la gestione dei sistemi secondari, le turbine e gli alternatori. Sopra la consolle un numero elevatissimo di sistemi di allarme, molti dei quali non più in funzione. Oggi nella centrale di controllo è comparso qualche computer, non molti per la verità, e sono in sostituzione di quelle parti della consolle che hanno dovuto sostituire o ammodernare.

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Centro di caratterizzazione dei rifiuti che poi andranno all’esterno della centrale per essere smaltiti. ©Cecilia Bergamasco

Centro di gestione dei rifiuti

Ormai siamo arrivati al termine del nostro tour, ci troviamo nell’area di controllo della radioattività dei materiali (quella che in gergo tecnico viene chiamata “monitoring release facility”) prima dello smaltimento in centri esterni.

I rifiuti vengono separati per tipologia e caratterizzati con tecniche di ultima generazione. I controlli della radioattività, che durano da 30 minuti a otto ore in funzione del tipo di materiale, sono effettuati da Sogin con un ulteriore controllo a campione da parte di Arpa Piemonte. Se il materiale supera i controlli dei livelli di radioattività può essere spedito ai centri esterni di smaltimento o di riciclo. Ad oggi lo smantellamento della centrale nucleare di Trino ha generato 124mila tonnellate di rifiuti, di queste 2mila sono state messe nei fusti stivati nei due depositi temporanei, il resto del materiale è stato inviato ai centri per il recupero.

Le persone

Con Chernobyl e i risultati del referendum del 1987 il destino del nucleare in Italia è segnato. Ma il passaggio da una centrale nucleare operativa con grandi performance a una struttura industriale destinata allo smantellamento ha generato non pochi problemi. A parte quelli più ovvi di tipo tecnico e imprenditoriale, un problema non da poco è stata la gestione del personale. 200 addetti, che nel periodo di manutenzione superavano il migliaio, si sono trovati dall’oggi al domani senza una missione da compiere, senza un obiettivo professionale. Alcuni erano addirittura neoassunti con la prospettiva di andare a lavorare in quella che doveva essere la centrale nucleare “Trino 2”. Per molti è subentrata la depressione, soprattutto negli anni di interregno tra il momento di arresto dell’attività e l’avvio della fase di decommissioning. Altri invece hanno deciso di riprendere a studiare e sono riusciti a laurearsi. Ora gli 80 dipendenti hanno un nuovo obiettivo, quello di smantellare la centrale, forse un po’ triste per chi ha creduto nel nucleare, ma fondamentale per tutti noi, convinti che il nucleare rappresenti una minaccia per l’ambiente e la salute della Terra e dei cittadini che la abitano.

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