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Il tradizionale albero di Natale che decoriamo tutti gli anni ha origini lontane: per gli antichi popoli del nord Europa era la manifestazione dell’albero cosmico in quel particolare periodo dell’anno.
L’abete rosso, o Picea abies, della famiglia delle pinacee, era
considerato un albero sacro nell’antichità, tanto che Greci
e Romani lo avevano dedicato alla dea della caccia, Artemide.
Presso i popoli scandinavi e germanici era invece venerato come
la rappresentazione di Yggdrasil, l’albero cosmico, durante la
festività di Yule (o solstizio d’inverno).
Secondo queste popolazioni l’abete era il “protettore della visione
lontana” e permetteva quindi di conoscere in anticipo avvenimenti e
situazioni. Lo si considerava inoltre portatore di un’energia
gioiosa: per questo, poco prima del solstizio, era usanza
propiziatoria recarsi nel bosco per tagliare un abete ed addobbarlo
con ghirlande e dolci.
Per i Celti, poi, questa pianta rappresentva uno strumento di
comunicazione tra il cielo e la terra, favoriva la ricerca
interiore e simboleggiava la rinascita, la benevolenza divina e
l’immortalità (in quanto sempreverde). Il periodo che gli
era dedicato andava dal 2 all’11 gennaio, subito dopo il
solstizio.
Ecco perché è stato adottato dai cristiani come
pianta del Natale per eccellenza – prima nell’Europa del nord e
successivamente nel resto del continente, a partire dal XVIII
secolo.
Ancora oggi, nei Paesi nordici, l’albero di Natale è
chiamato “albero di Yule”: la parola significa “ruota” e fa
riferimento alla ruota dell’anno che, dopo il periodo di buio
,”ricominciava a girare” con un nuovo periodo di luce proprio a
partire dal solstizio d’inverno.
Chiara Boracchi
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