Andrea Pastorelli, direttore generale di Teach for Italy, spiega come giovani talenti possano diventare agenti di cambiamento nelle scuole svantaggiate.
Abolire oroscopi e oracoli?
La voglia di mettere all’indice l’Astrologia torna ogni tanto a farsi sentire, così come i periodici dubbi sull’efficacia dell’Omeopatia. Si tratta dello “scientismo”, una brutta malattia diffusasi con la nascita della scienza moderna nell’Ottocento.
I telegiornali hanno, recentemente, reso noto che uno sparuto
gruppo di astronomi o astrofili vuole presentare un progetto di
legge per abolire l’Astrologia
o quanto meno per fare con essa come si fa con le sigarette quando
si scrive sul pacchetto “Il Fumo Uccide!”.
La proposta sarebbe quella di far precedere ogni pronunciamento
astrologico o oracolare, scritto o parlato che sia, da “avvertenze”
nelle quali si segnala che esso non ha alcun fondamento
scientifico.
Ci risiamo dunque con lo “scientismo”, una delle manifestazioni
più deteriori del pensiero scientifico occidentale, secondo
cui esiste la seguente equazione assoluta “ciò che è
misurabile e dimostrabile scientificamente è vero,
ciò che non è misurabile o dimostrabile
scientificamente è falso”. Lo scientismo, unito più
che mai alla paura e all’intolleranza, in questa occasione come
anche nell’avversione all’omeopatia, è un modo di pensare
che non tiene conto dell’Uomo come microcosmo e dei suoi legami sottili con la
Natura e il macrocosmo che lo circonda.
Sin dalla più remota antichità, invece, l’Uomo ha
sempre sentito la necessità di decifrare questi legami e di
collegare il Dio che parla dentro di noi, con emozioni e pulsioni
(microcosmo), e il Dio che parla fuori di noi, con il Sole, la Luna
e gli altri Pianeti e con la Natura, con il succedersi delle
stagioni (macrocosmo). L’Uomo si pose il problema degli strumenti
da utilizzare per mettere in comunicazione queste due
divinità, che già comunicavano tra loro
attraverso i principi della respirazione e dell’alimentazione. Dal
momento in cui il problema fu posto, l’Uomo creò il primo
scambio tra queste due entità, attraverso l’Oracolo e i
Pianeti.
In verità oggi possiamo constatare che la divinazione non
è un predire l’avvenire, come i più credono,
condizionati anche da tutta la scadente paccottiglia astrologica
così diffusa su certe televisioni e certi giornali. Al
contrario essa, sia come risposta astrologica sia come risposta
oracolare, concerne la capacità umana di entrare in
contatto, per scoprirlo nella sua pienezza, completezza ed
universalità, con l’attimo presente dentro e fuori di noi.
E’ questo l’attimo, con tutte le sue possibili estensioni ed
implicazioni, nel quale si manifesta la divinità: il Deus
degli antichi Greci e Romani, il Tao dei
cinesi. Ne consegue che la profezia (dal greco
pròphemi, composto di pro- phemì:
chi parla prima, predice!) è la parola del Dio o il segnale
della Natura che sono in grado, non già di offrire
direttamente una previsione di ciò che succederà in
futuro, quanto di cogliere con chiarezza i germi in gestazione nel
presente, l’ hic et nunc, e raccontare quindi le
condizioni attuali in presenza delle quali ciò che
succederà in futuro non poteva non succedere.
Scopriamo, così, riletto in un’ottica psicologica da
James
Hillmann, quale era il modo di procedere degli
antichi greci e latini quando consultavano il loro oracolo: “Quale
Dio o quale eroe devo pregare, a quale offrire sacrifici per
ottenere questo o quello scopo? Con quale modello archetipico devo
mettere in relazione il mio problema? Entro quale fantasia posso
intravedere il mio complesso? Una volta che il problema sia stato
posto sull’altare adeguato, ci si può entrare in relazione
secondo i propri bisogni e attraverso di esso si può entrare
in contatto con il Dio”.
Gli dèi che venivano interrogati, quelli della mitologia
classica, non erano altro che le proiezioni antropologiche di
quegli umori e sintomi che la componente razionale dell’uomo antico
(ma anche dell’uomo moderno ed in particolare degli “scientismi”)
mal sopportava e che non riusciva, per tale motivo, a vedere nella
propria interiorità, collocandoli quindi fuori, come altro
da sé.
Carl Gustav
Jung diceva: “Quando mi riesce difficile classificare
un paziente, lo invio a farsi fare un oroscopo. Questo oroscopo
corrisponde sempre al suo carattere ed io lo interpreto
psicologicamente.” E poi, ad un intellettuale che lo intervistava
sull’ I
Ching (Yi Jing), lo stesso Jung ripeteva: “Deve fare
ciò che l’I Ching le dice, perché quel libro non
commette errori… c’è una precisa connessione tra la psiche individuale e
il mondo.”
In conclusione quindi si può affermare che la profezia,
cioè la parola dell’oracolo o il segno dei pianeti, non
è più pre-dizione di ciò che succederà,
significato questo che resta ormai confinato nella sua etimologia,
ma qualcosa che ci permette di cogliere ogni possibile
potenziale nascosto, insito nella situazione, allo
scopo di svilupparlo per farlo espandere e consentire all’individuo
stesso il cambiamento. L’individuo, cioè, opera un
intervento, con il suo libero arbitrio, sul corso degli eventi allo
scopo di conoscerli per modificarli, con una impostazione meno
previsionale e più diagnostica che, analogicamente e
metaforicamente, ci fa “vedere le cose attraverso altre cose”.
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