
Secondo uno studio, il passaggio da una dieta tradizionale africana a una tipica del mondo occidentale globalizzato, aumenta l’infiammazione e diminuisce la risposta ai patogeni. Il passaggio inverso comporta invece benefici.
Acqua di colonia porta in scena l’immaginario del colonialismo e le sue conseguenze, una riflessione su un tema rimosso eppure così attuale.
È una storia rimossa, quella del colonialismo italiano. Una pagina di memoria collettiva che la compagnia Frosini/Timpano ha deciso di raccontare nello spettacolo teatrale Acqua di colonia, in scena lunedì 30 e martedì 31 gennio al PimOff di Milano.
“Il colonialismo può sembrare un argomento datato, invece non è mai stato così attuale. Gli stereotipi e i pregiudizi che ieri accompagnavano il nostro sguardo sull’Africa, oggi sono transitati sui migranti” osserva Igiaba Scego, scrittrice di origini somale e consulente storica per la messa in scena.
Oggi prima milanese dell’ultimo lavoro di FROSINI/TIMPANO al @PIMOFF #AcquaDiColonia#Recensione di @LuciaMedrihttps://t.co/LHKZcfo7dl
— Teatro e Critica (@TeatroeCritica) 30 gennaio 2017
Lo spettatore viene catturato da un’ironia graffiante, e messo di fronte a equivoci e i luoghi comuni frutto dei falsi miti che il colonialismo ha generato attraverso testi letterari, canzoni, fumetti. In platea si ride tanto, ma è un riso amaro, che rivela quanto certi cliché siano ormai parte inconsapevole del nostro modo di pensare. Lo spettacolo strizza l’occhio al pregiudizio e agli stereotipi: è una trappola continua.
“Qui non si tratta di fare la morale a nessuno, ma di invitare il pubblico a riflettere e a documentarsi” aggiunge Scego, autrice di testi che si occupano tra l’altro di dialogo tra culture, transculturalità e migrazione.
‘Acqua passata, acqua di colonia’, come recita uno dei personaggi in scena, eppure ci è rimasta addosso come carta moschicida, in frasi fatte, luoghi comuni, nel nostro stesso sguardo. L’attualità del messaggio appare in tutta la sua evidenza: sono gli equivoci e i luoghi comuni nati in quegli anni, secondo gli autori dello spettacolo, che hanno condizionato il nostro immaginario collettivo, rendendoci difficile anche la comprensione dei grandi fenomeni migratori attuali.
#Countdown | tra un mese (il 18 novembre) debutto di #Acquadicolonia al #RomaeuropaFestival #REF16#Frosinitimpano #Savethedate <3 pic.twitter.com/dDQZ5U8r0H
— Daniele Timpano (@AldoMorto54) 18 ottobre 2016
Come accadeva durante il colonialismo, ecco che – vista dall’Italia – l’Africa è tutta uguale: Somalia, Libia, Eritrea, Etiopia sono nomi, non paesi reali; gli africani stessi sono tutti uguali. “E i profughi, i migranti che oggi ci troviamo intorno, sull’autobus, per strada, anche loro sono astratti: esseri umani senza identità, corpi, realtà la cui esistenza è irreale: non riusciamo a giustificarli nel nostro presente” spiegano Elvira Frosini e Daniele Timpano. In un attimo i postumi dell’età coloniale riaffiorano: “Come un vecchio incubo che ritorna, incomprensibile, ci piomba addosso come un macigno”.
Così è stato il colonialismo nostrano: una storia di abusi e prevaricazioni volontariamente rimossa, ricacciata sotto il tappeto e dimenticata. Lavata via come un cattivo odore, da una spruzzata di acqua di colonia.
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