L’Italia dà l’addio definitivo all’idea di un salario minimo

Salta la proposta di un salario minimo fissato per legge a 9 euro l’ora. La Camera, ha votato una legge delega al governo per una vaga “retribuzione equa”.

  • Salta la proposta di un salario minimo fissato per legge a 9 euro l’ora.
  • La Camera, dopo aver bocciato di nuovo la proposta delle opposizioni, ha votato una legge delega al governo per una “retribuzione equa”.
  • Un ordine del giorno alla legge chiede di valutare retribuzioni più alte al nord Italia nel settore pubblico.

Questa volta l’addio alla chimera del salario minimo è pressoché definitivo.  La Camera dei deputati ha approvato la delega al governo per la riforma del mercato del lavoro, che prevede al posto del salario minimo la definizione, per ora vuota, di “retribuzione equa”, tra le proteste di tutti i gruppi di opposizione, che per l’ennesima volta si sono visti respingere la propria proposta unitaria di un salario minimo di 9 euro lordi all’ora.

Una manifestazione a Milano per il salario minimo
Una manifestazione a Milano per il salario minimo © Stefano Montesi / Corbis via Getty Images

La pietra tombale sul salario minimo 

Del resto il governo, guidato da Giorgia Meloni, ha sostenuto sin dall’inizio che il salario minimo legale sarebbe una misura inefficace e dannosa per l’economia e il lavoro, e ha preferito puntare sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulle politiche attive del lavoro: l’obiettivo, in sintesi, è quello di aumentare i salari medi, non quelli minimi, con interventi come quelli previsti nella prossima manovra finanziaria, in cui ci saranno misure per ridurre il cuneo fiscale e incentivare le assunzioni. La delega, di fatto, prevede  semplicemento l’impegno del governo a stabilire entro sei mesi una “retribuzione equa”: un titolo che però al momento non ha alcun tipo di svolgimento, perché non c’è alcuna ipotesi sul come verrà realizzato questo obiettivo e su quale possa essere la cifra individuata. Alla Camera, nell’atto finale che ha sancito la fine del salario minimo, è stata vera bagarre: la segretaria del Partito democratico Elly Schlein ha criticato il governo per aver fatto “giochi di prestigio per colpire i poveri” e ha sottolineato che l’Italia è uno dei pochi Paesi europei senza un salario minimo legale. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, dopo la bocciatura dell’emendamento con cui le opposizioni aveva provato a reintrodurre il salario minimo orario a 9 euro, ha strappato letteralmente i fogli con il testo della legge delega. Ma tutti i leader e capigruppo dei partiti di opposizione hanno ritirato la propria firma dalle legge delega.

La proposta unitaria delle opposizioni sul salario minimo era stata presentata lo scorso 30 giugno 2023 alla Camera dei deputati, con la prima firma di tutti i capigruppo dell’opposizione, ad esclusione di uno, Italia Viva. La proposta prevedeva l’introduzione di una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora per tutti i lavoratori, subordinati e autonomi, e il riconoscimento di un trattamento economico complessivo adeguato ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. La proposta si ispirava alla direttiva europea sui salari minimi adeguati, che impone agli Stati membri di garantire una retribuzione dignitosa a tutti i lavoratori, anche se non necessariamente tramite un salario minimo stabilito per legge. La proposta aveva trovato favorevoli anche tutte i principali sindacati.

Una proposta mai ascoltata veramente 

Non però quella del governo, che aveva rimandato la discussione a dopo l’estate, e nemmeno quella del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), guidato dall’ex ministro e membro di Forza Italia Renato Brunetta, che sul no al salario minimo si era espresso in un documento finale approvato il 12 ottobre 2023 con 15 voti contrari: moltissimi, per un organismo che spesso decide all’unanimità. Il documento sostiene che il salario minimo legale non sarebbe una soluzione efficace per contrastare il lavoro povero e la disuguaglianza salariale, e che sarebbe preferibile puntare sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulle politiche attive del lavoro. Secondo il Cnel, così come secondo l’esecutivo, Il problema dei salari non riguarda tanto le retribuzioni orarie, quanto la difficoltà stessa ad accedere a forme di lavoro stabili.

Il salario minimo medio oggi in Italia non è stabilito per legge, ma dipende dalla contrattazione collettiva tra le parti sociali, che copre più del 90 per centi dei lavoratori. Tuttavia,  in Italia la retribuzione media (guardando al 2021) è pari a 29,4 mila euro l’anno, che corrisponde a circa 1.800 euro al mese. Questo valore varia però a seconda del settore, della regione, dell’età e del livello di istruzione dei lavoratori. Ad esempio, il settore con il salario minimo più alto è quello delle telecomunicazioni, con 2.500 euro al mese, mentre quello con il salario minimo più basso è quello dell’agricoltura, con 1.100 euro al mese. Inoltre, il salario minimo medio è più alto al nord (1.900 euro al mese) che al sud (1.500 euro al mese). Nonostante quest’ultimo dato, nella legge delega è stato approvato un ordine del giorno che impegna il governo a valutare l’introduzione di retribuzioni diversificate per i dipendenti pubblici a seconda del costo della vita di ciascuna regione, quindi più alte al nord e più basse al Mezzogiorno. 

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